Sono ancora oltre il 50% le donne sieropositive in Italia che non pianificano la gravidanza. Mentre appena il 25% delle future mamme Hiv-positive si sottopone a esami diagnostici preconcezionali. Il dato emerge dal Progetto Nazionale per la Sorveglianza sul Trattamento Antiretrovirale in Gravidanza, coordinato dall’Istituto Superiore di Sanita’, pubblicato oggi online su www.iss.it (cliccando l’icona Ufficio stampa). Il progetto, che studia l’attuale popolazione di gestanti Hiv-positive in Italia, ha esaminato finora più di 400 gravidanze. Secondo l’indagine, una donna su quattro ha saputo solamente nel corso della gestazione di aver contratto il virus dell’Hiv, mentre il 15% delle sieropositive si trovava, già al momento del concepimento, in terapia antiretrovirale. Non sono stati segnalati, tuttavia, casi di trasmissione verticale di Hiv, né significativi effetti avversi dei farmaci. Sotto il profilo demografico, nel 30% dei casi si tratta di giovani di nazionalità straniera, in massima parte nigeriane, seguite dalle ivoriane e dalle ucraine. Il Progetto Nazionale di Sorveglianza, istituito nel dicembre 2001 e che ha raccolto in poco più di due anni oltre 700 segnalazioni (dati aggiornati a giugno 2004), si avvale di tre gruppi di ricerca: gli ostetrici del Gruppo di Studio Nazionale Sigo sull’infezione da Hiv, una rete di infettivologi ostetrici e pediatri operanti nel Lazio e alcuni centri infettivologici coordinati direttamente dall’Iss. In totale, oltre 20 strutture sparse su tutto il territorio nazionale. Gli antiretrovirali, affiancati dal parto cesareo e dall’allattamento artificiale, sono in grado oggi di ridurre significativamente la trasmissione dell’infezione dalla madre al neonato: il rischio di contagio passa, infatti, dal 20-25% in assenza di terapia fino al 2-3% in presenza di cure.