presa di posizione molto forte da parte della Lega Araba che chiede agli Stati Uniti Stati Uniti di «risparmiare i soldi della distruzione e ad andare a combattere malaria e Aids in Africa, nonché a spendere milioni per le vaccinazioni dei bambini».Saranno state la pressione delle piazze arabe che ribollono ogni giorno di studenti e cittadini, le immagini truculente dei feriti e delle vittime dei bombardamenti publicate da giornali e diffuse dalle tv, la resistenza irachena che sta emergendo a contrastare l’avanzata degli anglo-americani in Iraq: è quasi certo che sia questa la miscela che ieri sera ha prodotto, per la prima volta, una presa di posizione molto forte da parte della Lega Araba, e in particolare dei suoi ministri degli Esteri – con le riserve del rappresentante del Kuwait – riuniti al Cairo nella prima seduta dall’inizio dell’attacco contro Baghdad. Nel documento finale, i capi delle diplomazie arabe hanno espresso «la condanna dell’aggressione americano-britannica contro l’Iraq, Stato membro delle Nazioni Unite e della Lega» e hanno chiesto «il ritiro immediato e senza condizioni della forza americano-britannica dal territorio iracheno». Illustrata con toni molto decisi dal segretario generale della Lega Araba, Amr Mussa, e dal presidente di turno del Consiglio ministeriale della Lega, il libico Ali Triki, la risoluzione chiede anche «la convocazione di una sessione straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per prendere una decisione che faccia fermare l’aggressione e garantire l’immediato ritiro degli invasori all’esterno delle frontiere irachene». Se il Consiglio di Sicurezza non dovesse riunirsi o non dovesse prendere «le decisioni necessarie per fermare l’aggressione e per il ritiro», sarà convocata con lo stesso obiettivo una riunione straordinaria dell’Assemblea generale dell’Onu.
A espressioni così forti, il documento ne fa seguire altre più di maniera, già lette in altri documenti emersi da riunioni precedenti, e che avevano fatto andar via dalla riunione di ieri, dopo i discorsi di apertura, i ministri degli Esteri dell’Oman e del Qatar. Questi sostenevano – soprattutto il qatariota – che si discuteva l’ennessimo documento inutile, mentre sarebbe stato preferibile «cercare una soluzione pratica applicabile per i mezzi con cui dare sostegno al popolo iracheno». «Questa aggressione è considerata una violazione della Carta dell’Onu e dei principi del diritto internazionale – si afferma nel documento – una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale ed una sfida alla comunità e all’opinione pubblica internazionale», per la quale si conferma «la necessità che gli Stati arabi si astengano dal partecipare da qualsiasi azione miltare che minacci la sovranità, sicurezza e unità territoriale dell’Iraq e di ogni altro Stato arabo». Questo riferimento riprende “in toto” un passo contenuto in un documento approvato dagli stessi ministri degli Esteri della Lega Araba lo scorso16 febbraio, e che aveva poi originato una serie di polemiche. Allora come oggi, alcuni dei paesi arabi che hanno approvato la risoluzione hanno aiutato e stanno aiutando l’operazione militare anglo-americana: il Qatar, in cui ha sede il comando militare delle operazioni in Iraq; il Kuwait, che ha fornito basi per gli attacchi («due terzi della sua superficie – ha detto il ministro libico Triki – sono consacrati alle forze americane»), come anche il Bahrein. Applauso a scena aperta allo stesso Triki quando ha alzato la voce ed ha esortato Stati Uniti e alleati a «risparmiare i soldi della distruzione e ad andare a combattere malaria e Aids in Africa, nonché a spendere milioni per le vaccinazioni dei bambini».