Studio IPrEx (Anderson P abs 31LB) – Nuovi test sui livelli di farmaco nel sangue e sulle cellule del sistema immunitario dei partecipanti allo studio (uomini gay), che ricordiamo avevano assunto Truvada (TDF+FTC) come terapia pre-esposizione, hanno evidenziato che coloro che si sono infettati hanno in qualche modo interrotto l’assunzione del farmaco, dopo un primo periodo di aderenza più stringente. Inoltre, solo una minoranza dei partecipanti ha effettivamente assunto la terapia come prescritto (7 giorni alla settimana, una volta al dì), tuttavia una protezione del 96% è stata comunque riscontrata anche in coloro che hanno assunto almeno 4 dosi alla settimana. Nello specifico, nelle persone non infettate il 45% aveva livelli di farmaco rilevabile nei campioni, quindi sembrerebbe – secondo i ricercatori – che circa la metà dei partecipanti non abbia assunto il farmaco. Nelle persone infettate, invece, la percentuale scende al 10% considerando solo i 3 mesi precedenti all’infezione, mentre prima l’aderenza, sempre dedotta dai livelli di farmaco, sembrava più elevata. Questo suggerisce un possibile ruolo delle necessità di aderenza almeno nei 3 mesi precedenti l’ipotetica infezione. Ma quali sono i livelli di tenofovir utili alla protezione? Attraverso un’analisi comparativa con lo studio STRAND (Liu A abs 995, CROI 2011) si è arrivati alla conclusione che assumere 4 o 7 dosi di Truvada alla settimana garantirebbe un adeguato livello di protezione. Nello specifico: 72% di livello di protezione per assunzione di 2 compresse alla settimana, il 42% per una volta alla settimana, il 96% per quattro o più alla settimana, fino addirittura ad un 99% per un’aderenza perfetta. La limitazione di questo studio è che non contempla l’effetto sinergico di emtricitabina, ma solo quello di tenofovir. Inoltre, sono dati medi, e non correlabili effettivamente all’assunzione reale, probabilmente correlata (ma non solo) anche ai rapporti sessuali effettivamente avuti e/o a precisi stati psicologici.
Studio FEM PrEP (Baeten J abs 29) e Partners (Van Damme L abs 32LB) – L’aderenza nella PrEP fa la differenza. Questo è quanto emerso da ulteriori analisi degli studi indicati. In aprile 2011 lo studio FEM-PrEP era stato fermato per mancanza di efficacia in donne sieronegative che avevano assunto Truvada, mentre nel luglio 2011 lo studio Partners aveva riscontrato il 73% di efficacia tra coppie eterosessuali sierodiscordanti stabili. Come conciliare questi dati? L’aderenza sembra la chiave, in quanto nel secondo studio essa era molto alta. Si tratta di persone più motivate, che avevano comunque conoscenza diretta della patologia e, la consapevolezza di un rischio concreto più elevato (il sesso con partner infetto noto) può avere influenzato un’aderenza più stringente. Sembra che questi aspetti possano spiegare queste differenze, di fatto, comportamentali: la percezione del rischio sembra essere dunque una delle principali ragioni correlate con l’alta aderenza.
Rilpivirina (Jackson A abs 35) – Presentato il primo studio (svolto al St Stephen’s AIDS Trust del London’s Chelsea e Westminster Hospital di Londra) di una formulazione iniettabile di rilpivirina, a somministrazione di una volta al mese. 25 donne e 6 uomini sieronegativi hanno ricevuto il farmaco, il quale è rimasto a livelli che teoricamente potrebbero essere protettivi per l’acquisizione dell’infezione. Pochissimi gli effetti collaterali. Rilpivirina-LA (Long Acting) è una buona candidata per la PrEP, in quanto i livelli necessari nel corpo per sopprimere il virus sono molto bassi. Il 50% dei partecipanti era di razza nera africana o caraibici. I dosaggi intramuscolari sperimentati sono stati di 300, 600 e 1200 mg. Buoni livelli di farmaco riscontrati dopo 30 giorni dalla somministrazione oltre che nel sangue, anche nei tessuti e nei fluidi (vaginali e rettali), proporzionali ai dosaggi. Sono necessari altri studi, tuttavia il farmaco potrebbe esser eun buon candidato per superare nella PrEP il problema dell’aderenza.