Dal nostro invitato Presidente Filippo von Schlosser in collaborazione con la redazione di DELTA [Anticipazioni DELTA 71 e 72].Grandi ricerche spesso fanno piccoli passi nella storia della medicina, ma a volte sono utili per superare grandi ostacoli. Questa edizione, che segue quella di Kuala Lumpur, rappresenta un piccolo passo avanti che aiuterà a rispondere a questioni che, nella gestione della malattia da HIV e da HCV, ci si è posti ormai da decenni.
Ricerca
Oggi è orientata alle tecnologie di prevenzione, con particolare attenzione allo sviluppo di nuovi farmaci di lunghissima durata (emivita) per consentire l’elaborazione di criteri di PrEP (profilassi pre-esposizione) sostenibili/praticabili da parte di tutti gli attori, allo sviluppo di microbicidi, vaccini e di strategie di ricostituzione del sistema immunitario. Inoltre, non vengono abbandonati alcuni filoni più tradizionali, quali ad esempio la ricerca di nuove classi di farmaci con azione specifica contro parti del ciclo di riproduzione del virus HIV, la cura dell’epatite C, la prevenzione degli effetti oramai ben noti in merito all’accelerazione dell’invecchiamento e delle comorbosità (Grey, SouthAfrica, WESY01).
Vaccini
Sulla base di criteri innovativi, spinti dall’assegnazione di un nuovo ruolo che si sono guadagnati gli anticorpi monoclonali, è iniziata una nuova fase per la ricerca di vaccini anti HIV. Ci sono oltre quattro molecole in corso di studio sull’uomo e milioni di euro di investimenti destinati a nuovi studi che sembrano promettenti. Poche saranno le molecole che raggiungeranno la definizione di vaccino, forse nessuna se i risultati non saranno decisivi (descritto in particolare l’HVTN072 basato su anticorpi neutralizzanti, solo preventivo che si basa su un principio trichimerico), ma i ricercatori sono ottimisti e stanno disegnando studi clinici anche su altre molecole che daranno risposte entro il prossimo decennio (Einsiger, USA, WESY039). Non è oggi che si possono fare bilanci o esigere risposte, ma inizia qui il percorso che piccole scoperte scientifiche devono attraversare per dare una risposta inequivocabile a un problema che ha cambiato la storia dell’umanità in pochi decenni. Nell’ambito dei vaccini terapeutici, il candidato di fase I VAC-3S ha aumento del rapporto CD4/CD8 e diminuito il DNA provirale (Ho Tsong Fang R abs 3630, Katlama C MOPEA038).
Verso la cura
Prendono sempre più forma le molecole per inibire definitivamente la replicazione del virus il quale, durante la terapia “tradizionale” che negativizza la viremia plasmatica, continua a nascondersi nei serbatoi di latenza (Siliciano, USA; Benkirame, Francia, MOSY02). Particolare enfasi è stata data ad una molecola in studio (cDA) che riuscirebbe a stanare il virus dai serbatoi senza riattivarlo e senza coinvolgere l’attivazione anticorpale. Proseguono gli studi sulla genetica (Jerome, USA MOSY02), proprio perché è noto che l’HIV si integra nel genoma delle cellule infette, le quali ne conservano la memoria. La prova è data dal fatto che, se si ferma l’assunzione della terapia, il virus esce dai serbatoi di latenza e ricomincia a replicare (salvo alcuni casi di infezione acuta, trattati precocemente, descritti nello Studio Visconti).
Quando iniziare la terapia
Finalmente c’è una risposta definitiva: subito! (vedi editoriale Delta n.71). Sono stati presentati (Lundgren, Danimarca, MOSY03) i dati dello Studio START (Strategic Timing for Antiretroviral Therapy) iniziato nel 2010 per dare una risposta basata su evidenze randomizzate. Era stato disegnato soprattutto per confermare che l’orientamento della pratica clinica di iniziare la terapia prima di quanto si faceva in passato, fosse corretto. Infatti, si era già verificato negli studi di coorte che chi iniziava la terapia con maggior numero di CD4, nel corso degli anni aveva minore rischio di eventi clinici rispetto coloro che iniziavano con CD4 più bassi. Ma per alcuni era necessaria una evidenza maggiore, derivante da uno studio disegnato appositamente. START aveva arruolato 4685 persone con un numero di CD4 oltre 500 e le aveva osservate insieme a altri pazienti che avevano iniziato la terapia sotto i 350 CD4. In sintesi, coloro che hanno iniziato la terapia al di sopra dei 500 CD4 hanno presentato una percentuale di co-patologie inferiore del 57% rispetto all’altro braccio in studio. Gli eventi più frequenti che, viceversa, hanno dovuto affrontare le persone entrate in terapia tardivamente erano eventi AIDS-correlati e non AIDS correlati. Lo studio ha quindi confermato la funzione protettiva della terapia, con la raccomandazione di un inizio immediato.
Studio START e considerazioni in Italia
Nel nostro paese la maggior parte delle persone che effettuano il test HIV hanno già un danno immunologico grave. Quindi, visti questi risultati, spetta ora agli organi di governo (Ministero e Regioni) definire campagne e/o strategie appropriate per aumentare la percezione del rischio dei cittadini e far si che questo divario non ci sia più: se il rischio è ben percepito e “raccontato” al personale medico, se il medico è “ben sensibilizzato” sulla questione, allora la distanza tra infezione e diagnosi si può davvero accorciare.
Intervista al Dr. Franco Maggiolo, Ospedali Riuniti di Bergamo
D: Visti i risultati dello START, cosa rimane ancora da fare nel nostro paese?
R: Solo un sistema per promuovere politiche di screening adeguate, attraverso le quali chiunque si presenti ad un pronto soccorso o abbia una patologia (correlata o – in potenza – correlabile all’HIV/AIDS, ndr) o si rechi dal medico di famiglia sia invitato a fare il test. Ci vorrebbe una modifica della legge. Questo è un sistema sostenibile ed efficace: se continuiamo a vedere che oltre il 30% di chi fa il test per la prima volta è già in AIDS conclamato, è evidente che ci troviamo di fronte ad un problema e lo dobbiamo superare. Sono anche favorevole ad un sistema analogo per il test dell’epatite C. Bisogna che il ministero imponga delle regole precise e che coordini campagne di informazione anche a livello regionale. Oggi, i giovani nelle scuole non ne sanno più niente! E questa assenza di informazione, giova soltanto alle regioni che sperano di spendere meno, mentre il peggio arriverà in seguito.
Come cominciare la terapia: HIV, HCV, coinfezione
Passato, presente e futuro dell’inizio di terapia (Gulik, USA, TUSY01) sono stati affrontati in una lettura magistrale di chi ha accompagnato la ricerca dal ’90. Gulik prende in considerazione Cenicriviroc (CVC, antagonista CCR5 e R2), anticorpi monoclonali neutralizzanti (3BNC117, VRC-01, PGT121) di cui si sta studiando la tollerabilità, dosaggi inferiori di farmaci noti (Efavirenz 400mg contro 600, Atazanavir 200/r contro 300/r), TAF in co-formulazione con elvitegravir. Per l’HCV (Dore, Australia, TUSY01) la lettura prende atto che con le nuove terapie ad uso orale la percentuale di successo raggiunga ormai il 93-95%, garantendo una buona qualità della vita. Pochi gli effetti collaterali legati a sonnolenza e debolezza. Riporta anche il fatto che molti eventi di fibrosi riescano a normalizzare la salute del fegato dopo un periodo dalla negativizzazione virale. Auspica anche che entro breve tempo si possa addirittura diminuire il numero di settimane in trattamento e che i governi comprendano il ruolo fondamentale della terapia per l’HCV come prevenzione di nuove infezioni, ampliando prima possibile l’accesso in terapia a tutti. Solo così si riuscirà anche a negoziare con le industrie un prezzo inferiore e più accessibile alla popolazione che soffre dell’infezione.
Prevenzione
Varie sessioni sono state dedicate alla PrEP: riportiamo i concetti più rilevanti. Gli studi hanno dato risultati apprezzabili con livelli di protezione dall’infezione del 96% (Mesquita, Brasile,WESY01). Lo studio IPERGAY ha anche valutato l’efficacia della PrEP assunta da 24 a 2 ore prima del rapporto sessuale e da due a 24 ore dopo lo stesso (doppia compressa di Truvada® ogni somministrazione). Non sono stati riscontrati cambiamenti nei comportamenti sessuali (difficili, ndr) che abbiano esposto a maggiori rischi le persone in studio. Il ricercatore sottolinea che tale strategia è diretta solo alle persone ad alto/altissimo rischio. La forza dell’evidenza scientifica deve mettere tutti i paesi in condizione di comprendere come un piccolo costo oggi previene una grande spesa in futuro. Non sono da escludersi, in mancanza di accordi specifici e sostenibili tra aziende produttrici e agenzie regolatorie, l’utilizzo di molecole generiche.
Nuovi farmaci anti-HIV
Buoni i dati derivanti da uno studio randomizzato di switch da vari regimi terapeutici basati su tenofovir (TDF) a regimi terapeutici basati su E/C/F/TAF (elvitegravir/cobicistat/emtricitabina/TAF): miglioramenti rilevanti sia in ambito osseo che renale (Mills, California, Studio GS-US-292-0109). Promettenti i dati a 24 settimane del nuovo non nucleosidico doravirina in associazione con TDF/FTC (Gattel, Spagna). Bristol-Myers Squibb (Lataillade e Hwang) ha presentato dati su pazienti già trattati in merito all’efficacia di BMS-663068, inibitore dell’attacco attualmente in fase III di sperimentazione. Anche la molecola di seconda generazione BMS-955176 (inibitore di maturazione) ha mostrato dati promettenti in associazione con atazanavir (con o senza booster).
Nuovi farmaci anti-HCV nelle persone con HIV
Grazoprevir/Elbasvir (sviluppati da Merck), a somministrazione una volta al dì, ha mostrato percentuali di SVR 12 molto elevate (ben oltre il 90%) contro il genotipo 1, 4, 6, in pazienti cirrotici e non cirrotici, in associazione a vari regimi anti-HIV, rendendo dunque il regime molto promettente per questa popolazione (J Rockstroh, LANCET). Conferme si sono avute da 12 settimane di trattamento per Daclatasvir + Sofosbuvir nei genotipi 1, 2, 3, 4 su pazienti cirrotici e non cirrotici (Wyles, NEMJ), Ledipasvir + Sofosbuvir nei genotipi 1, 2, 3, 4 (Naggie, LANCET), Abbvie 3D sul genotipo 1 (Wyles, California).