Il 28 Maggio 2003 Roche ha annunciate che la Commissione Europea ha autorizzato l’uso del nuovo inibitore della fusione Fuzeon®. Le notizie sul prezzo di Fuzeon® hanno sollevato grandi preoccupazioni tra le associazioni dei pazienti. Ma esistono ancora altre questioni ancora tutte da chiarire.Il 28 Maggio 2003 Roche ha annunciate che la Commissione Europea ha autorizzato l’uso del nuovo inibitore della fusione Fuzeon®. L’ultima approvazione di un farmaco anti-HIV con un meccanismo d’azione totalmente nuovo risale al 1996, quando fu approvata la nevirapina, il primo inibitore non-nucleosidico della trascrittasi inversa. Fuzeon®, conosciuto anche come T-20 , inibisce uno degli ultimi passaggi del processo attraverso il quale il virus penetra nella cellula.
Per le le dimensioni della molecola, e per le complessità produttive, T-20 è un farmaco incredibilmente costoso. Dato che deve essere ricostituito almeno una volta al giorno (un processo che può richiedere anche 45 minuti), che deve essere iniettato sottocute due volte al giorno, che la comparsa di reazioni locali sul sito dell’iniezione, a volte anche molto dolorose, è quasi assicurata, Fuzeon® è un farmaco difficile anche dal punto di vista del paziente. La vera sfida è capire quando e come utilizzare al meglio un farmaco la cui disponibilità sarà molto probabilmente limitata, non solo per i costi ma anche per i problemi di produzione.
Il dossier registrativo sottoposto all’EMEA si basa sui dati a 24 settimane, relativi a due studi condotti su circa 1000 pazienti, TORO (T20/Fuzeon® vs. Regime Terapeutico Ottimizzato) 1, condotto negli Stati Uniti ed in Brasile, e TORO 2, condotto in Europa ed in Australia. Tali studi hanno dimostrato che, rispetto ai pazienti che ricevevano il solo Regime Terapeutico Ottimizzato, i pazienti in trattamento con Fuzeon® avevano una migliore risposta immunologica ed una probabilità due volte maggiore di abbattere la carica virale sotto il limite rilevabile (HIV-1 RNA Iniezioni due volte il giorno
Trattandosi di un peptide particolarmente complesso, Fuzeon® deve essere assunto tramite iniezione sottocutanea. L’aderenza alle terapie assunte per via orale è già difficile. Le implicazioni relative all’auto-somministrazione di un farmaco che deve essere iniettato due volte al giorno rendono anche più difficile aderire al trattamento. E’ perciò necessario un programma specifico che faciliti il processo di ricostituzione e auto-somministrazione del farmaco per via iniettiva. L’esperienza diretta dei pazienti può essere particolarmente utile per individuare alcuni accorgimenti in grado di semplificare l’assunzione del farmaco. Fuzeon® pone una serie di problemi comuni a tutti i farmaci iniettabili, tra cui la possibilità che l’uso della siringa possa innescare ricadute nelle persone sieropositive che in passato hanno utilizzato sostanze illegali per via iniettiva.
Reazioni locali problematiche sul sito dell’iniezione
Il vero tallone di Achille di Fuzeon® potrebbero essere le reazioni locali problematiche sul sito di iniezione. Le iniezioni di T-20 causano una reazione locale, simile alla puntura di una vespa, in quasi tutti i pazienti (98%) sino ad ora osservati. Molte persone si lamentano del fatto che Roche non dia particolare importanza a tale problema. Poichè individuare sia le cause, sia le possibili soluzioni al problema, potrebbe essere la chiave del successo, oppure del fallimento, di Fuzeon®, Roche/Trimeris devono continuare ad investire nella ricerca per capire per quale ragione tali reazioni locali si presentino, studiando allo stesso tempo metodi alternativi per la somministrazione del farmaco. Oltre alle reazioni locali problematiche sul sito dell’iniezione, Fuzeon® è associato ad altri effetti collaterali (superiori al grado 3, più o meno nel 10% delle persone), tra cui nausea e vomito, neutropenia, anemia, elevazione delle SGPT e delle amilasi.
Ricostituzione
La ricostituzione è uno dei principali fattori che rendono particolarmente difficile l’uso di Fuzeon®. Dopo avere aggiunto l’acqua distillata alla polvere, può essere necessario attendere anche 45 minuti prima che Fuzeon® si dissolva del tutto. Non è chiaro se una ricostituzione parziale possa ridurre o meno l’efficacia del farmaco, e cosa significhi esattamente il termine “completamente” dissolto. L’iniezione di una soluzione non completamente dissolta potrebbe aumentare la probabilità di reazioni locali problematiche? Anche se attendere che il farmaco si dissolva completamente rimane uno dei fattori che rendono particolarmente difficile l’uso di Fuzeon®, è stato recentemente dimostrato che una fiala ricostituita, che per qualsiasi ragione non venga utilizzata immediatamente, può essere conservata nel frigorifero per 24 ore. Di conseguenza è possibile ricostituire simultaneamente 2 fiale, e conservarne una nel frigorifero. In questo modo la fiala immagazzinata, una volta riportata a temperatura ambiente, potrà essere utilizzata senza essere costretti ad aspettare che si ricostituisca. Questa pratica permette di ridurre della metà il tempo di attesa quotidiano.
Approvvigionamento
Fuzeon® è un farmaco difficile da produrre. Si tratta di una proteina complessa che richiede almeno 106 passaggi produttivi, e grandi quantità di materiali grezzi che devono essere acquistati da terzi. Considerato che nessun peptide è mai stato prodotto in tali quantità, la produzione su scala commerciale di T-20 non ha precedenti nella storia dell’industria farmaceutica. Trimeris, che ha sintetizzato T-20, è stata addirittura costretta a stipulare un accordo con Roche per essere in grado di produrre il farmaco. Una volta stabilito che il farmaco avrebbe potuto produrre utili sufficienti, le due aziende hanno provveduto ad aumentare la produzione, e a tale scopo hanno dovuto costruire un nuovo sito produttivo in Colorado. Tuttavia, alcune difficoltà nello sviluppo della capacità produttiva e le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime hanno ridotto la disponibilità di farmaco, rendendo praticamente impossibile implementare un programma di accesso allargato adeguato alle richieste. Prima che il nuovo stabilimento entrasse in funzione, una produzione su scala ridotta aveva reso possibile soddisfare le richieste degli studi clinici, ed un piccolo programma di accesso allargato (1200 trattamenti per tutto il mondo che hanno richiesto sei mesi per l’arruolamento). Si prevedeva che la produzione su larga scala per l’introduzione di Fuzeon® sul mercato iniziasse all’inizio del 2003. Ma dopo aver saputo che solamente la metà del farmaco necessario per il lancio sarebbe stato disponibile al momento della presentazione, è stato messo a punto un piano per la distribuzione limitata.
Produrre abbastanza T-20 per tutto il programma di ricerca, il programma di accesso allargato e per soddisfare la domanda globale, una volta che il farmaco fosse stato approvato, è stato uno dei maggiori ostacoli nello sviluppo del farmaco. Viste le difficoltà di produzione, e considerato il fatto che un farmaco di tale complessità non era mai stato prodotto in precedenza, non esiste alcuna garanzia che quantità sufficienti di farmaco possano essere prodotte in tempo per soddisfare tutte le richieste. Roche sta immagazzinando scorte sufficienti per coprire 5 mesi di trattamento per ogni paziente che inizi il trattamento con T-20. Si tratta di un programma rassicurante, che potrebbe aver tuttavia contribuito a determinare il prezzo astronomico fissato da Roche.
Un prezzo astronomico
Per il mercato europeo è stato annunciato un prezzo all’ingrosso di $20.440. Sebbene tutti concordino sul fatto che la disponibilità di una nuova classe di farmaci sia una buona notizia, il prezzo annunciato da Roche rende assai difficili i festeggiamenti. La notizia che Fuzeon® sarà venduto ad un prezzo oltre due volte maggiore rispetto al farmaco antiretrovirale più costoso attualmente sul mercato [Norvir Abbott Labs $9,387.22] ha sollevato grandi preoccupazioni tra le associazioni dei pazienti europee, che si chiedono chi riceverà effettivamente il farmaco e chi sarà in grado di sostenerne la spesa.
Gli americani di AIDS Healthcare foundation dichiarano che il prezzo di 20.000 dollari l’anno è fuori portata, non solo per i pazienti americani, ma anche per i programmi di assistenza statunitensi che potrebbero addirittura andare in bancarotta qualora il prezzo non venisse abbassato. Secondo il presidente di AIDS Helthcare Found esiste il concreto pericolo che i pazienti in fallimento terapeutico che necessitano del farmaco possano trovarsi a fronteggiare un problema di accesso nei paesi industrializzati. Il portavoce dell’Italian Community Advisory Board dichiara senza mezzi termini che “potremmo trovarci di fronte ad una situazione in cui i pazienti che ne hanno disperatamente bisogno potrebbero non avere accesso al farmaco, esattamente come avvenne negli anni ’90 per gli inibitori delle proteasi” aggiungendo “avevamo grandi speranze su questo farmaco che abbiamo considerato sin dall’inizio come il più grosso passo avanti nel trattamento dell’infezione da HIV dall’avvento degli inibitori della proteasi negli anni ’90. Dopo aver saputo il prezzo ci chiediamo se i nostri sistemi sanitari saranno in grado di permetterselo”. I prezzi già altissimi dei farmaci antiretrovirali sono al centro di enormi controversie. Ora, la spirale dei prezzi sui prodotti farmaceutici rischia di restringere ulteriormente l’accesso ai nuovi farmaci antiretrovirali anche nei paesi ricchi. L’annuncio del prezzo fissato da Roche accenderà il dibattito tra le associazioni dei pazienti, e potrebbe addirittura portare ad una campagna di boicottaggio contro la multinazionale svizzera. E anche se Roche aveva preannunciato che il prezzo di Fuzeon® sarebbe stato particolarmente elevato, Fuzeon® dimostra come non esista più alcuna relazione tra prezzo ed efficacia.
La Comunità richiede l’impegno a garantire un accesso informato
Considerato che il numero di pazienti in trattamento con Fuzeon® passerà da 2000 a 15000 entro la fine del 2003, sarà necessario garantire un particolare impegno nello sviluppo e nell’implementazione di programmi di educazione rivolti a medici e pazienti. Finora Roche non ha chiarito se intenda farlo o meno. La formazione dei medici, e l’educazione dei consumatori finali, dovrebbe essere una delle priorità di Roche/Trimeris, ed il programma educativo dovrebbe essere messo a punto prima dell’immissione in commercio del farmaco.
Minimizzare le barriere all’aderenza
Le questioni relative alla gestione della tossicità devono essere studiate più a fondo. Medici e pazienti devono capire esattamente quali sia l’impegno richiesto per usare correttamente Fuzeon® e sapere esattamente quando prescrivere il farmaco, massimizzando in tal modo i risultati. La “stanchezza” associata ad un trattamento prolungato è un elemento frequente per i farmaci assunti per via orale. Il desiderio di “saltare” una dose al mese (assai comune per i farmaci assunti per via orale) potrebbe essere molto più rischioso nel caso in cui i pazienti siano pesantemente pretrattati.
Nel caso dei farmaci iniettabili gli aspetti legati alla qualità della vita sono particolarmente problematici. La tendenza è quella di sviluppare farmaci più semplici da usare. Fuzeon® va esattamente nella direzione opposta. I problemi relativa all’aderenza e alla gestione delle reazioni locali problematiche dovrebbero essere affrontati aggressivamente da Roche, con un maggiore investimento nella ricerca su metodi di somministrazione alternativi, e su programmi in grado di informare i pazienti sui metodi più sicuri ed efficaci per utilizzare il farmaco.
Studiare a fondo le reazioni locali problematiche
Secondo i dati forniti dalla stessa casa farmaceutica, le reazioni locali si presentano in quasi tutti i pazienti che utilizzano T-20, e rappresentano senza dubbio il principale effetto collaterale associato al farmaco. Nel 50% dei casi si tratta di reazioni giudicate lievi, mentre l’altro 50% riguarda eventi giudicati moderati o severi. Nel 20% dei casi i noduli sono ancora presenti dopo una settimana. Non sembra esservi alcun miglioramento nel corso del tempo. Le reazioni locali potrebbero essere dovute all’abitudine di iniettare il farmaco troppo vicine alla pelle, nel tentativo di ridurre i noduli. Nel caso in cui le iniezioni fossero troppo profonde vi potrebbe essere un accumulo di cicatrici sottocutanee, probabilmente irreversibile. Alcune persone che utilizzano insulina hanno suggerito di scaldare la siringa prima dell’iniezione. In un poster presentato al CROI 2003, relativo ad uno studio sulla patogenesi delle reazioni locali, uno dei risultati era che ogni singolo paziente (su sette studiati) che non aveva avuto reazioni locali “aveva avuto diabete insulina-dipendente e si era auto-iniettato insulina per molti anni, usando le tecniche raccomandate dagli operatori sanitari.” Le reazioni locali non sarebbero altro che iniezioni malfatte? Se così fosse, il programma educativo sviluppato sino ad ora da Roche non ha funzionato. Se invece si trattasse di qualcos’altro (allergia, ecc.), si prega di chiarire di cosa si tratti. La ricostituzione di T-20 ha qualcosa a che fare con le reazioni locali? È a che punto il farmaco, anche se non completamente dissolto, è sicuro ed efficace da usare?
Continuare a studiare la dose ottimale
Sono stati recentemente sollevati alcuni dubbi sulla potenza del regime utilizzato nel braccio di controllo, e sulle dimensione del campione utilizzato nello studio T20-206. Negli studi di fase II Trimeris non ha mai definito la dose massima tollerabile, e ha deciso il dosaggio sulla base di valutazioni relative alla tollerabilità, e al numero delle iniezioni giornaliere. Mentre è abbastanza semplice raddoppiare una dose subottimale di Saquinavir, non crediamo lo sarà altrettanto per T-20. Roche/Trimeris dovrebbero proseguire gli studi e determinare la dose massima tollerabile.
Garantire l’accesso al farmaco a chi ne ha veramente bisogno
Con una percentuale di successo virologico (riduzione della carica virale Garantire un accesso equo al farmaco
Roche/Trimeris devono assicurare che la produzione venga aumentata sino a soddisfare la domanda, senza ulteriori ritardi. Roche/Trimeris devono assicurare un rifornimento sufficiente di farmaco per gli studi clinici ancora in corso, per il programma di accesso allargato, e per il mercato globale. Dovrebbe essere inoltre assicurata la quantità di farmaco necessaria a condurre gli studi di fase IV.
Studi di post-marketing
Gli attivisti chiedono che Roche finanzi una serie di studi di fase IV, che diano una risposta ad alcune delle seguenti domande, tutte ancora insolute, e che tali studi inizino entro un anno dall’approvazione del farmaco.
Una domanda chiave
Sono inoltre necessari studi approfonditi sulle reazioni biologiche:
Le richieste di Italian Community Advisory Board
Molti gruppi nazionali ed internazionali hanno già incontrato l’azienda per discutere alcune delle questioni discusse in questo articolo, ma sino ad ora non sono state identificate soluzioni soddisfacenti. Italian Community Advisory Board, una coalizione di cui fanno parte Archè, ASA, Gruppo Propositivo Beta2, LILA, Nadir HIV Treatment Group (maggiori informazioni su icab.bravepages.com), che ha incontrato Roche Italia il 21 Maggio 2003, ritiene che:
Italian Community Advisory Board chiede a Roche SpA:
Per tale ragione Italian Community Advisory Board chiede che:
La comunità delle persone sieropositive, attraverso i suoi rappresentanti, dovrà essere pienamente coinvolta nel disegno e nella valutazione degli studi di cui sopra. A tale scopo, ogni studio dovrà prevedere la costituzione di un Community Advisory Board.