Sono stati 848 i nuovi casi di Aids del primo semestre del 2003 in Italia, con un trend in fase di stabilizzazione. Rezza: “l’aumento dei nuovi casi è dovuto all’effetto “ottimismo” delle terapie antiretrovirali”.Secondo i dati del centro operativo Aids (Coa) dell’Istituto superiore di Sanità la ripartizione «geografica» conferma la Lombardia al primo posto per incidenza di casi, seguita da Lazio, Sardegna, Liguria ed Emilia Romagna. Le regioni col più basso tasso di incidenza nell’ultimo anno sono Molise e Basilicata. Valori che restano simili a quelli riscontrati nel corso di tutta l’epidemia.
«Il fatto che non si registri nessun calo significativo è dovuto al fatto – ha commentato il direttore del «Coa» Gianni Rezza – che oltre il 62% delle persone a cui viene diagnosticata la malattia in fase conclamata, non ha fatto terapie anti-retrovirali prima della diagnosi perchè ignorava la propria seriopositività. Inoltre c’è una bassa percezione del pericolo: «Gli eterosessuali – ha spiegato Rezza – non si ritengono a rischio, nonostante abbiano rapporti sessuali non protetti e provengano da Paesi ad alta endemia. Per i gay, fino a poco tempo fa dalle abitudini rigorose quanto a protezione, l’aumento dei nuovi casi è dovuto all’effetto “ottimismo” delle terapie antiretrovirali».
Gli esperti dell’Istituto rimarcano il «pericolo estate»: la stagione delle nuove conquiste amorose è uno dei periodi più a rischio per la trasmissione del virus. In aumento coloro che «vivono» con la malattia grazie ai successi a breve e medio termine della terapia, circa 18.500 casi. L’Aids, inoltre, diventa una malattia «della mezza eta»: l’età media della diagnosi è 40 anni contro i 29 del 1985 per i maschi, e 36 rispetto ai 24 del 1985 per le donne. La principale modalità di diffusione nel nostro Paese è per via sessuale (omo/eterosessuale); il totale dei casi, dalla prima diagnosi avvenuta in Italia nel 1982, supera 52 mila con oltre 33.500 decessi.