Il sesso dietro l’altare

Il documento vaticano che condanna le unioni omosessuali definendole «nocive per la società» rappresenta uno scandalo ma non è la pietra dello scandalo. Più che di omofobia, la Chiesa soffre di sessuofobia. Intervista al teologo e filosofo Pierre Riches, che definire semplicemente un parroco in pensione sarebbe riduttivo.Prima l’anatema scagliato dal Vaticano contro le unioni omosessuali, quindi la dichiarazione di guerra di George W. Bush ai gay, le lesbiche e i trans di tutto il mondo, infine il polverone alzatosi in seno alla chiesa anglicana dopo la nomina a vescovo di Gene Robinson, omosessuale dichiarato. E con fierezza. In soli sette giorni, il fantasma dell’omosessualità torna a sorvolare i continenti, solca gli oceani e agita il sonno perbene di religiosi e laici. Ne parliamo con Pierre Riches che definire semplicemente un parroco in pensione sarebbe riduttivo. Autore di numerosi saggi e interventi sul tema della sessualità ed esperto del cardinale Tisserant per il Concilio Vaticano II, Riches è nato ad Alessandria d’Egitto in una famiglia ebrea ma – all’età di ventitre anni – ha deciso di chiedere il battesimo: «Tutta `colpa’ di Wittegenstein – commenta divertito – che mi ha fatto comprendere i limiti della ragione». Dopo aver studiato filosofia a Cambridge e teologia Roma, ha insegnato in numerose università degli Stati uniti, del Pakistan, dell’Uganda e del Giappone. Nei suoi corsi ha messo insieme le «Beatitudini» dal Vangelo e il «Libretto rosso» di Mao. Tra i suoi migliori amici – scopriamo un po’ sconcertati girovagando per la sua bella casa che poco ha da invidiare alla biblioteca di Alessandria – Lou Reed e William S. Burroughs.

E’ o non è uno scandalo, secondo lei, il documento vaticano che condanna le unioni omosessuali definendole «nocive per lo sviluppo della società umana»?

E’ uno scandalo ma non è la pietra dello scandalo. La questione è a monte e riguarda il modo – per me sbagliato – in cui la sessualità in generale è vista dalla chiesa. E’ la sessualità – prima ancora dell’omosessualità – che continua ad essere demonizzata.

E’ un tratto caratteristico della chiesa cattolica?

Assolutamente no. I protestanti – rispetto al sesso – sono più rigidi di noi, come del resto altre religioni tra le quali, per esempio, l’islam. E’ proprio per rispondere all’offensiva protestante durante il periodo della Controriforma, che i cattolici si sono maggiormente irrigiditi.

Dunque nessun Padre della chiesa ci avrebbe messo lo zampino?

Beh, qualche responsabilità Sant’Agostino ce l’ha. Lui aveva un’amante, forse di più, di certo un figlio. Accettare la castità non deve essere stato semplice così che, forse, ha reagito con un eccesso di rigore. San Tommaso invece – che al sesso era poco interessato – era come più tranquillo, quasi sereno.

Torniamo alla sessualità. Cosa c’è di sbagliato nel modo in cui la Chiesa l’intende?

Io non credo che la sessualità individuale abbia dei confini tanto precisi quanto la Chiesa – appellandosi alla legge naturale – ritiene. Ritengo piuttosto che, al suo interno, ci sia un ampio ventaglio di sfumature: tra l’eterosessuale purissimo – cosa abbastanza rara – e l’omosessuale purissimo, cosa anch’essa abbastanza rara, ci sono infinite varianti.

Tutte egualmente accettabili?

Le aberrazioni esistono ma, anche qui, è difficile stabilire quali siano. Per esempio, di certo lo è il sesso praticato con gli animali e anche una certa pedofilia.

Cosa vuol dire una «certa» pedofilia?

Nella mia vita – anche grazie al fatto di essere parroco – ho incontrato e ascoltato molte persone e mi è capitato di imbattermi in casi in cui erano proprio i ragazzini e le ragazzine a sollecitare l’attenzione degli adulti. Il problema è come questi ultimi rispondono, la questione è capire se ci sia o meno un abuso.

Parliamo comunque di adolescenti, non di bambini…

I confini, anche rispetto all’età, sono estremamente labili. L’adolescenza può cominciare a dieci anni come a tredici o a quattordici: dipende molto dallo sviluppo psicofisico.

Dunque una sessualità fatta di sfumature, infinite varianti e labili confini. Eppure la Chiesa di paletti ne mette, eccome.

La Chiesa ha una lunghissima esperienza di saggezza. Quando mi capita di non essere sicuro di qualcosa, ne seguo sempre le indicazioni. All’aborto, per esempio, io sono contrario a meno che la vita del feto non metta in pericolo quella della madre. Così al referendum ho votato contro mentre ho votato a favore del divorzio. Dove rimprovero la Chiesa è che in materia di sessualità non lasci maggiore spazio agli interrogativi, alle domande.

Qualche teologo ci ha provato, però.

Sì, ed è stato messo a tacere.

Non ci sarà un problema di democrazia interna?

In altri campi forse esiste, ma non in questo. Vede, qui sta accadendo ciò che accadeva all’inizio del secolo scorso quando i «modernisti» discutevano di Bibbia: Dio, ci si chiedeva, ha fatto il mondo in sette giorni oppure no, Adamo ed Eva sono storia vera o mito, che poi è pure più profondo della verità. In gioco era il rapporto tra ragione e fede ma prima di riconoscere che i primi capitoli di Genesi non erano «storia vera» – e dunque accettare persino Darwin – la Chiesa ha messo a tacere chiunque decidesse di affrontare l’argomento. Quello fu uno scempio. E scempio fu la scomunica di Pio XII contro i comunisti che fece perdere alla Chiesa molti operai. Ora lo scontro ha per oggetto la sessualità.

Eppure in un recente articolo sull’Osservatore romano, proprio il cardinale Ratzinger sosteneva che la condanna dei modernisti – anche se esagerata e faziosa – aveva salvato la Chiesa da guai peggiori, sia dottrinali che pastorali.

Ho letto quell’articolo e le confesso che, in modo analogo, quando nel 1968 venne pubblicata l’enciclica di Paolo VI «Humanae Vitae» sul controllo delle nascite, io – pur non condividendone i contenuti – pensai che potesse arginare le esagerazioni della cosiddetta «liberazione sessuale».

Beh, può stare tranquillo, i tempi sono cambiati. Oggi tra i più giovani – soprattutto tra le ragazze – c’è la tendenza a posticipare le prime esperienze sessuali, a viverle con maggiore consapevolezza.

Grazie a Dio! Si tratta certo di una conquista e il merito – devo riconoscerlo – va in gran parte al movimento femminista, una delle eredità più preziose del secolo scorso. Perché non è stata la Chiesa a spingere in questa direzione, perché si è limitata a sostenere un ruolo solo repressivo? Eppure le intuizioni c’erano, dal Concilio Vaticano II alle tante dichiarazioni sulla «Dignità della persona». Tutti semi che la Chiesa non è riuscita a far fruttificare.

Insomma, ritiene che la Chiesa non sia riuscita ad adeguarsi alla modernità?

Io non credo assolutamente che la Chiesa debba adeguarsi al pensiero moderno né alle mode correnti; la sua dottrina si sviluppa dall’insegnamento della Bibbia e dalla Tradizione e in realtà dalla promulgazione dell’enciclica «Humanae Vitae» le discussioni in materia sessuale si sono moltiplicate. Ma l’umanità procede più velocemente e la Chiesa resta indietro.

Si riferisce alle marce gay, ai preti omosessuali?

Non solo. Come le dicevo prima non c’è un problema di omofobia ma di sessuofobia. Poi, certo, le discussioni e le divisioni riguardano questioni specifiche come il matrimonio dei preti, il divorzio, l’omosessualità ma dietro tutto questo c’è solo la paura del sesso.

Ma parliamo sempre di un sesso praticato al di fuori del matrimonio…

Se stiamo ad Agostino, la sessualità è pericolosa anche all’interno del matrimonio.

E se non stiamo ad Agostino? Se torniamo nella società in mezzo a quella umanità che, lei dice, ha fatto comunque dei progressi?

E’ lo stesso. La nostra attuale società ha paura del sesso tanto quanto la chiesa. La sessualità è un problema ancora per molti uomini e molte donne che non riescono a viverla liberamente, con disinvoltura e piacere. Oggi è il sesso – non più la gola – il peccato capitale per eccellenza. Guardi come vanno i matrimoni.

Lei però continua a legare la sessualità al vincolo matrimoniale…

No, la sessualità sta dentro e fuori il matrimonio, può essere legata o slegata dalla riproduzione, legata o slegata dall’amore, eterosessuale o omosessuale.

La Chiesa la pensa come lei?

Tanto per cominciare, la Chiesa non ammette l’esistenza della sessualità al di fuori del matrimonio. E tuttavia anche in questo campo dei passi avanti ci sono stati: il matrimonio, per esempio, non è più legato alla sola riproduzione ma anche al «mutuum adiutorium», cioé al reciproco sostegno. Tra l’altro sono sempre stati ammessi i matrimoni tra coniugi sterili. Ma oggi, su questo, i teologi stanno riflettendo di più. Vede, anche nel documento della congregazione per la dottrina della fede sull’omosessualità ci sono dei passaggi che fanno sperare.

Per esempio?

Quello che dice che «gli uomini e le donne omosessuali devono essere accolte con rispetto, compassione e delicatezza». Il rispetto nei confronti degli omosessuali è un concetto nuovo per la Chiesa.

Lei ha ragione ma quel documento continua così: «Tali persone sono chiamate inoltre come gli altri cristiani a vivere la castità».

E’ vero, ma la castità è richiesta a tutti.

Perché, secondo lei, gli omosessuali sentono l’esigenza di sposarsi?

Perché come chiunque hanno bisogno di una struttura, di una forma che consenta loro di darsi e non di prestarsi.

Cosa che può avvenire anche fuori dal matrimonio, però…

Certo, del resto ci sono anche strutture nelle quali si cresce talmente male che sarebbe meglio farne a meno. Però il matrimonio aiuta a perseverare.

Perseverare?

Sì, io credo che senza questo e senza la grazia di Dio poche unioni possono durare più di sei o sette anni.

E gli atei come la mettono con la grazia?

Cercare la grazie di Dio non vuol dire rivolgersi necessariamente a Dio ma uscire da se stessi, darsi all’altro o all’altra.

Ha mai celebrato matrimoni tra omosessuali?

No, ho celebrato alcune messe per loro, soprattutto negli Usa. Potrei anche benedire qualche coppia ma qui il sacramento del matrimonio non c’entra.

Per rispetto della Dottrina?

No, perché sono contrario a chiamare matrimonio una unione omosessuale. Del resto se avessi seguito quanto richiesto dalla Chiesa non potrei neanche dare la mia benedizione a delle unioni civili che la Chiesa – facendo confusione – condanna tanto quanto i matrimoni religiosi. E’ un peccato perché ostacolare la legalizzazione di unioni civili allontana sempre più gli omosessuali dalla Chiesa.