Le cifre sono tali da far impallidire i pur spaventosi bilanci delle guerre che insanguinano l’Africa. Nel continente finora almeno 15 milioni di persone sono state stroncate dall’Aids; un adulto su 11 è sieropositivo, nel complesso 30 milioni (quasi il 60 per cento delle quali donne).Ci sono poi 11 milioni di orfani che hanno perso i genitori, in larghissima percentuale a loro volta sieropositivi, e col trend attuale saranno 20 milioni nel 2010; non più dell’uno per cento di quanti ne avrebbero bisogno possono usufruire dei farmaci antiretrovirali, a causa dei costi proibitivi. È, per sommi capi, il quadro del flagello Aids che sta stritolando l’Africa, dove ha già schiantato un’intera generazione, e si avvia ad annichilirne un’altra.
Ieri, ad esempio, dal Malawi è giunta una notizia di fonte Banca Mondiale secondo la quale entro il 2005 il 50 per cento della mano d’opera qualificata del paese potrebbe morire di Aids; in molte nazioni (ad esempio il Botswana) tra il 40 ed il 50 per cento degli adulti è sieropositivo; mentre, comunque, la media continentale si aggira sempre almeno intorno al 20 per cento. Come contrastare con un minimo di efficacia questa apocalisse, che ha anche ricadute economiche esiziali? È il tema su cui si confrontano, da ieri a Nairobi, circa 8.000 delegati (scienziati, operatori, politici, economisti, malati) nella 13ª conferenza internazionale su Aids e malattie trasmesse per via sessuale in Africa. Si cercano strategie comuni, ma intanto si parte dalla constratazione che i fondi stanziati appaiono largamente insufficienti.