Da oggi in votazione a palazzo Madama il ddl sulla procreazione medicalmente assistita. Ma dei 110.000 sieropositivi italiani, il 75% dei quali si trova in età riproduttiva, non parla nessuno.
La procreazione assistita torna a movimentare l’aula del senato ancora calda per il via libera al ddl Gasparri di ieri. Da oggi, infatti, cominciano le votazioni sul disegno di legge 1514 approvato dalla camera oltre 18 mesi fa e la cui discussione in senato si è avviata a fine settembre tra le immancabili polemiche; in particolare quelle suscitate dalle deputate che si presentarono al senato per protestare contro il progetto e che furono insultate in maniere assai poco urbana dai sentori. L’obiettivo della maggioranza di centrodestra è arrivare al via libera di palazzo Madama entro Natale, per poi rinviare il testo a Montecitorio per modifiche tecniche sugli anni di erogazione dei finanziamenti e chiudere definitivamente la partita. Tuttavia anche a palazzo Madama si annuncia una battaglia trasversale sulla disciplina della procreazione in stile clericale già tentata a suo tempo durante il governo del centrosinistra. Sono 400 gli emendamenti presentati al testo, per lo più dalle opposizioni. E ieri, dopo che alcune parlamentari – Dorina Bianchi e Olimpia Tarzia (Udc), Francesca Martini (Lega), Carla Castellani (An), Emanuela Baio (Margherita) – hanno sollecitato nei giorni scorsi la rapida approvazione della legge, quindici senatrici di quasi tutti i gruppi parlamentari hanno firmato un appello che invoca modifiche sostanziali al testo in votazione. «Consideriamo profondamente ingiusto non tenere conto delle richieste di cambiamento che provengono da donne e uomini che vivono la sofferenza della sterilità», spiega il documento firmato tra le altre dalla senatrice a vita Rita Levi Montalcini, Vittoria Franco (Ds), Cinzia Dato (Margherita), Loredana De Petris (Verdi) Maria Rosaria Manieri (Sdi), Rossana Boldi (Lega), Ida Dentamaro (Udeur). «La legge attualmente all’esame del senato contiene punti inaccettabili sul piano del diritto, della scienza e della deontologia professionale – continuano le quindici senatrici -: il limite dei tre embrioni da impiantare obbligatoriamente e il divieto di congelarli, che limita anche la possibilità di sviluppo della ricerca scientifica; il divieto di effettuare analisi pre-impianto dell’embrione anche nei casi di portatori di malattie genetiche; il divieto di revoca del consenso all’impianto in utero dell’embrione fecondato da parte della donna anche quando risultino embrioni malati; il divieto, sempre e comunque, della fecondazione eterologa da donatore o donatrice».
Il testo licenziato dalla camera nell’estate 2002 prevede infatti che il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita sia consentito solo se accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause che impediscono la procreazione, ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegata o accertata. Inoltre, vieta la clonazione umana, la sperimentazione sugli embrioni e il loro congelamento. E’ possibile produrre non più di tre embrioni per volta, il numero necessario ad un unico e contemporaneo impianto. E’ inoltre prevista l’adottabilità degli embrioni congelati di cui non si conoscano i genitori biologici o dei quali non sia stato chiesto l’impianto da almeno tre anni. Il provvedimento vieta la fecondazione eterologa. E tutela, come recita l’articolo 1, «i diritti di tutti i soggetti coinvolti, in particolar modo del concepito». Secondo quanto prevede il testo potranno ricorrere alle tecniche di procreazione assistita solo le coppie formate da persone maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi, in età potenzialmente fertile ed entrambe viventi. Gli interventi potranno essere eseguiti solo in strutture pubbliche o private autorizzate dalle regioni (i requisiti saranno oggetto di un decreto ad hoc) e iscritte in un registro che sarà realizzato presso l’Istituto superiore di sanità. Da 200 a 600 mila euro le sanzioni di tipo amministrativo. Il commercio di embrioni o gameti viene invece punito con la reclusione da 3 mesi a 2 anni e con multe da 600 mila a un milione di euro; i tentativi di clonazione con la reclusione da 10 a 20 anni e fino a un milione di euro di multa.
«Gli effetti sono assurdi e pericolosi per la salute delle donne – osservano dunque le quindici senatrici – si riducono le possibilità di successo degli interventi; sarà destinato a crescere drammaticamente il ricorso agli aborti terapeutici in caso di malattie genetiche; aumenterà un turismo procreativo umiliante e privo di garanzie; l’Italia diventerà un’isola infelice nel cuore dell’Europa. Per tutto questo, chiediamo ai parlamentari, indipendentemente dalle opinioni politiche, culturali e religiose, di fermarsi a riflettere, e di cambiare il testo in esame».
A sostegno delle richieste di modifica le donne Ds hanno organizzato per oggi una manifestazione davanti a palazzo Madama a cui parteciperanno parlamentari, segretari e coordinatrici regionali della Quercia, associazioni che difendono i diritti delle coppie sterili. Sulla mobilitazione è però polemica con i Radicali. Da sempre in prima fila sui diritti civili, i Radicali contestano soprattutto ai partiti laici e della sinistra la mancata risposta alla loro richiesta di iniziativa parlamentare, popolare e dell’informazione in merito alla manifestazione convocata per oggi alle 15 sempre davanti al senato.
La Procreazione non è uguale per tutti. Ma il disegno di legge è anche discriminatorio per i 110.000 sieropositivi italiani, il 75% dei quali si trova in età riproduttiva. Questi ultimi rischiano di essere i veri reietti della legge, discriminati due volte perché le loro peculiari esigenze non sono state dimenticate soltanto dagli estensori del testo e dai deputati che l’hanno approvato lo scorso anno, ma anche dal dibattito in corso al Senato e dai media. Nessuno sembra essersi posto il problema di quali conseguenze avrà questa legge per chi convive con l’Hiv.
Con la terapia antiretrovirale combinata la speranza di vita di un sieropositivo si è allungata a circa 20 anni dal momento della diagnosi, facendo rifiorire desideri di genitorialità impensabili fino a qualche anno fa. E le tecniche di fecondazione assistita hanno fatto il resto, aprendo la possibilità concreta di ridurre al minimo il rischio di infettare partner e nascituro. Ad ogni rapporto non protetto la partner di un uomo sieropositivo ha una probabilità dello 0.1-0.2% di infettarsi e il rischio diventa serio se il periodo di attività sessuale si prolunga nel tentativo di restare incinta. Lavando lo sperma però si può eliminare il virus presente nel plasma seminale e nelle cellule non spermatiche. Poi si può procedere all’inseminazione intrauterina, ma a volte è necessario ricorrere a procedure più invasive come fecondazione in vitro fertili. Lavaggio e congelamento dello sperma infatti ne riducono la qualità e quindi può essere necessario aiutare artificialmente la fecondazione. Se ad essere sieropositiva è la donna, invece, nel primo trimestre può rendersi necessaria l’interruzione della terapia antiretrovirale per non danneggiare l’embrione e quindi è auspicabile ridurre al minimo i tentativi di procreazione andati a vuoto.
Un trattamento farmacologico ben calibrato, unito al parto cesario e alla rinuncia di allattare al seno riducono la probabilità di trasmissione verticale dal 30 al 2%. Un rischio inferiore a quello di qualsiasi donna sieronegativa di generare un bambino affetto da malformazioni congenite. La fecondazione assistita di donne sieropositive nel nostro paese non è mai stata praticata, ma lo sperm washing è una tecnica italiana, messa a punto da Augusto Semprini a Milano, dove queste prestazioni attualmente vengono offerte da un centro pubblico e uno privato. Il bilancio di questo approccio è più che positivo: nel mondo sono stati eseguiti oltre 5000 cicli di Pma con uomini sieropositivi, di cui oltre 3000 nel nostro paese che in questo modo ha visto nascere ben 500 bambini senza un solo caso noto di contagio della madre e del nascituro. Poi la tecnica si è lentamente diffusa all’estero e oggi paesi come Francia, Spagna, Gran Bretagna stanno assumendo la leadership in virtù di regolamentazioni più funzionali.
Con il testo licenziato dalla camera però l’Italia rischia di chiudere definitivamente il capitolo: per usare le parole del relatore di maggioranza Flavio Tredese la legge consente il ricorso dopo 12-24 mesi di rapporti non protetti». E non distingue chiaramente tra tecniche di primo livello come l’inseminazione intrauterina e tecniche di secondo livello come la fecondazione in vitro. Insomma non si preoccupa affatto di chi come i sieropositivi deve ricorrere a queste metodiche non soltanto per superare eventuali problemi di infertilità, ma anche per procreare in modo consapevole e sicuro.
Per chi fosse infettato da Hiv e avesse la sfortuna di essere fertile d’ora in poi le porte dei centri di fecondazione assistita rischiano di restare chiuse. Lo stesso destino toccherà ai portatori di gravi malattie genetiche o di anomalie cromosomiche, che ora possono scegliere tra due strade: la procreazione naturale, seguita da diagnosi prenatale ed eventualmente da un’interruzione di gravidanza che consente di sottoporre gli embrioni prodotti in vitro a diagnosi preimpianto e selezionare quelli sani per il trasferimento in utero. Ancora una volta chi è fertile perde il diritto di avvalersi della Pma e questo significa, per esempio, che in Sardegna 250.000 portatori sani di talassemia si vedranno privati del diritto a scegliere la seconda opzione. Con il risultato che continueremo a sacrificare feti al posto degli embrioni: su 6000 diagnosi prenatali eseguite finora a Cagliari 1502 hanno avuto esito infausto e praticamente tutte le donne hanno deciso di abortire. Il divieto di affidarsi alla fecondazione eterologa infine farà molte vittime, ma risulterà particolarmente doloroso per i giovani malati di cancro sottoposti a cure che ne pregiudicano in via definitiva la capacità riproduttiva. Un ventenne su 1000 è un “sopravvissuto” a tumori dell’infanzia o dell’adolescenza e la fecondazione eterologa sarebbe stata la sua unica chance.