Un innovativo approccio terapeutico ipotizzato in laboratorio che ha dato buoni risultati sui topi. E che finalmente è approdato all’uomo.“Tra alcuni mesi saremo in grado di valutare il suo impatto su un tumore difficile come quello del polmone metastatico non operabile” spiega Umberto Tirelli, direttore del Dipartimento di oncologia medica dell’Istituto tumori di Aviano, a margine dei lavori del tradizionale appuntamento annuale organizzato presso il Centro di riferimento oncologico per fare il punto su “Tumori in Hiv”.
Giunta ormai alla sesta edizione, la riunione che ogni anno vede riuniti i maggiori esperti italiani delle due discipline mostra le grandi potenzialità offerte da questo settore di ricerca congiunta. Da cui potrebbero giungere scoperte in grado di cambiare la vita anche a chi non è alle prese con l’infezione da Hiv. È il caso appunto della sperimentazione, appena partita presso il Centro, che valuta l’efficacia di un inibitore della proteasi (la classe di farmaci antiretrovirali che, dalla sua introduzione nel 1996, ha radicalmente mutato la storia naturale dell’infezione da Hiv) nel bloccare l’evoluzione di una forma tumorale purtroppo comune ma poco sensibile ai trattamenti come il tumore al polmone metastatico. “E mentre noi ci occupiamo dei pazienti – precisa Tirelli – contemporaneamente nei laboratori della dottoressa Ensoli, presso l’Istituto superiore di sanità, si correlano i dati clinici con quelli biologici. Per scoprire se e quali parametri legati all’angiogenesi si modificano in seguito a questa promettente terapia”.
Un settore interessante e dalle applicazioni inaspettate quello dello studio dei tumori nell’Aids. Che fornisce nuovo impulso anche alle ricerche divenute ormai il cavallo di battaglia del Cro di Aviano, quali il ruolo dell’invecchiamento o di specifici virus nell’insorgenza di alcune forme di cancro. E sarà compito dei numerosi esperti invitati all’incontro fare il punto sugli ultimi sviluppi. Grazie alla disponibilità delle potenti terapie antiretrovirali, i pazienti sieropositivi (e anche quelli in Aids conclamato) vivono più a lungo e invecchiano. E quindi, mentre da una parte tornano a diminuire quelle neoplasie caratteristiche della popolazione
immunocompromessa (come il sarcoma di Kaposi o i linfomi), i sieropositivi devono ora fare i conti con i tumori tipici dell’età più avanzata. “Si cominciano infatti a vedere tra le persone Hiv+ tumori come quello del polmone, del fegato,
della prostata, dello stomaco – spiega Diego Serraino, epidemiologo dell’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Spallanzani, – e addirittura, nella fascia d’età 20-59 anni, le persone immunocompromesse corrono un rischio tre volte maggiore di sviluppare qualunque tumore”. In altre parole è ormai evidente che non ci si può più permettere di ignorare il problema: questi pazienti necessitano di maggiori attenzioni.
E se, come riferisce Ignazio Marino giunto direttamente dalla Thomas Jefferson University di Philadelphia (Usa), i trapianti d’organo stanno dando buoni risultati, non resta che coinvolgere i pazienti sieropositivi anche nelle campagne di prevenzione e di screening. “La nostra proposta – dichiara Giampiero di Gennaro, dirigente medico presso l’Oncologia medica dell’Istituto di Aviano, – è di applicare anche ai sieropositivi le linee guida internazionali per la diagnosi precoce dei tumori
raccomandate alla popolazione generale”.
“Inoltre – conclude il professor Tirelli – partirà al più presto presso il Cro di Aviano uno studio sulla diagnosi precoce dei tumori del polmone in Hiv con TAC spirale e Pet, in collaborazione con la radiologia dell’Istituto, diretta da Sandro Morassut,
al quale sono invitati tutti i pazienti Hiv+ con oltre 40 anni di età e forti fumatori”.