Bush dichiara un embargo contro i ricercatori molti paesi. Qualcuno disobbedisce, ma e’ un ennesimo brutto segnale sul rapporto tra scienza e potere.Il 28 Febbraio in New York Times ha pubblicato un articolo dal titolo: “Treasury Department Is Warning Publishers of the Perils of Criminal Editing of the Enemy In questo articolo si legge che il Governo degli Stati Uniti ha promulgato una legge che proibisce agli editori delle riviste scientifiche americane di “editare” lavori scientifici svolti nei paesi sottoposti a embargo: Iran, Libia, Sudan e Cuba. La pena a cui gli editori vanno incontro va da una multa di 500.000 dollari fino ai 10 anni di carcere.
La sottigliezza sta nel fatto che mentre publicare un articolo e’ ancora legale, editarlo , ossia cambiare una virgola, riordinare un paragrafo o fare una correzione grammaticale, e’ considerato un servizio e come tale non e ‘ permesso. Mentre molte case editrici chiedono spiegazioni al governo su come interpretare tale legge, in particolare riguardo alla questione delle traduzioni e l’editore dell’Antologia della letteratura contemporanea persiana si interroga se il suo lavoro degli ultimi tre anni e’ da considerarsi come aiuto e complicita’ con il nemico, alcune riviste dell’Enginnering Institute hanno gia preferito rifiutare lavori di autori iraniani. Alcuni direttori di riviste, come la John Wiley & Sons hanno gia mostrato la loro totale disapprovazione a tale regolamentazione appelandosi ai principi di liberta’ di espressione e il libero scambio di informazione scientifica(!?) e in questi giorni l’American Chemical Society ha deciso di sfidare il governo andando incontro al rischio di persecuzioni legali.
Quello che durante la guerra fredda in ambiente scientifico americano veniva chiamato dare spazio alle voci al di la della cortina di ferro, oggi e’ diventato collaborazione con il nemico.