La Finanza «visita» le maggiori case farmaceutiche Troppe le spese a carico del Ssn. Sotto inchiesta i farmaci che hanno pesato di più sulle spese, su quelli più venduti e sulle attività promozionali.Anche Sirchia nel suo piccolo si incazza. Nei primi tre mesi dell’anno la spesa farmaceutica a carico del servizio sanitario nazionale è aumentata dell’8,1% rispetto al corrispondente periodo del 2003. Solo a marzo l’incremento è stato del 16%. «E’ una crescita ingiustificata, legata a una politica irresponsabile dell’industria farmaceutica. Le aziende non collaborano, dovremo attuare interventi correttivi», aveva detto l’altro ieri il ministro della salute. Il primo intervento si è concretizzato ieri. A Roma, Milano e Firenze la Guardia di finanza ha ispezionato le sedi delle principali aziende farmaceutiche. Per accertare «eventuali illeciti» che possono aver contribuito «all’aumento abnorme» della spesa e delle prescrizioni (queste ultime sono cresciute del 5,6% nel primo trimestre e dell’11,6% a marzo). Le indagini sono focalizzate sui farmaci che hanno pesato maggiormente sulla spesa, su quelli più venduti e, più in generale, sul marketing: attività promozionale degli informatori farmaceutici (gli emissari delle aziende che devono «convincere» i medici a prescrive un determinato prodotto), congressi, spese di rappresentanza, omaggi. Le Fiamme gialle affermano di voler ricostruire «l’intera filiera commerciale» del farmaco. Non è mai troppo tardi, essendo risaputo da decenni che una fetta consistente del costo dei farmaci è imputabile alle strategie di marketing. Non si sa quante aziende siano state visitate, né quali siano. Solo il Gruppo Menarini di Firenze si è fatto vivo con comunicato: «La verifica della GdF per la nostra azienda è addirittura un’opportunità per dimostrare come si possa essere un’impresa di successo lavorando con serietà ed eticità». Farmindustria ha preferito non commentare. Sa che le ispezioni preparano una seconda, e più temuta, iniziativa del ministro. E’ l’annunciato decreto legge che farà pagare alle aziende farmaceutiche il 60% degli sfondamenti di spesa rispetto alle disponibilità finanziarie. Ad esempio se la spesa farmaceutica supererà del 6% il tetto fissato in finanziaria, le industrie dovranno «contribuire» a ripianarla con 370 milioni di euro, con 480 milioni se lo sfondamento sarà dell’8%. Il decreto dovrebbe inoltre fissare un prezzo di riferimento per categorie di farmaci omogenei e limitare i «mini-meeting» – pranzi e cene – per lanciare le ultime novità (da gennaio a marzo le aziende ne avrebbero organizzati 6.000).
Fini ieri ha dato per «molto probabile» e imminente il decreto. Il governo non intende limitare gli utili delle case farmaceutiche, dice il vicepremier, «sarebbe una bestialità». Vuole «solo» evitare che «il conto venga poi presentato al servizio sanitario nazionale». Per il leader di An dietro l’impennata dei costi ci sono «comportamenti non virtuosi di alcune industrie farmaceutiche». Il governo, quindi, ha il «dovere» di fare qualche verifica. E tutti dovrebbero fare qualche ulteriore riflessione sul federalismo: non significa «spendo quel che mi pare e poi mando il conto a Roma». Per Augusto Battaglia, capogruppo Ds in commissione Affari sociali, non è con le «improvvisazioni» (il dispiegamento delle Fiamme gialle) che si risolve il problema del costo dei farmaci. Il ministro Sirchia ha modificato ben sette volte la normativa sui farmaci, «la sua incapacità di governare il settore è sotto gli occhi di tutti». Nel 2003 tra ticket e medicine non rimborsabili ogni italiano ha speso 119 euro, il 17% in più rispetto al 2002. La copertura della spesa farmaceutica a carico dello stato è scesa dal 68 al 60,8%. E l’Istat qualche giorno fa ha stimato che la spesa sanitaria complessiva a carico delle famiglie nel 2001 è stata di 22 miliardi di euro (più del doppio rispetto al 1991).