A Bangkok si è tornato nuovamente a parlare di un vaccino preventivo contro l’Aids.Dopo le delusioni degli ultimi anni, il vaccino sembrava un obiettivo impossibile da raggiungere in breve tempo, ma l’esperienza accumulata in tanti anni di sperimentazioni ha cambiato le cose e avere finalmente un vaccino preventivo e’ un sogno che potrebbe avverarsi in un periodo brevissimo. Un vaccino capace di dare una buona risposta potrebbe arrivare gia’ in 3-5 anni – ha detto a Bangkok uno dei maggiori esperti internazionali in questo settore – il direttore del Servizio di Immunologia dell’ Universita’ svizzera di Losanna, Giuseppe Pantaleo.
Se nel mondo occidentale i nuovi farmaci hanno radicalmente migliorato la qualita’ di vita dei pazienti, nei Paesi in via di sviluppo il vaccino preventivo resta ancora l’unico possibile strumento capace di arginare la diffusione del virus Hiv. ”Sui vaccini si sono fatti progressi incredibili – ha osservato Pantaleo – e la nuova speranza e’ sviluppare la ricerca sul maggior numero possibile di vaccini e portarli alla sperimentazione clinica”. Grazie a questi sforzi, a un nuovo approccio che punta a combinare tra loro vaccini di tipo diverso e ad un grande impegno internazionale in questa direzione, la ricerca sui vaccini e’ finalmente vicina a dare risultati promettenti.
Dei 25 vaccini attualmente in studio tutti hanno raggiunto la prima fase della sperimentazione, quella di tipo 1, che punta a verificare la sicurezza. Secondo Pantaleo e’ realistico pensare che, fra
questi, nei prossimi 2 o 3 anni alcuni (un piccolo numero, due o tre) riescano a passare alla seconda fase della sperimentazione, su almeno un migliaio di volontari, per avere le prime risposte
sulla capacita’ del vaccino di dare protezione. ”Soltanto cinque anni fa – ha rilevato l’esperto – non c’era nessun vaccino candidato”.
Dopo i cocktail di farmaci che hanno segnato il successo delle terapie, e’ ora la volta delle
combinazioni di vaccini basati su approcci diversi. Le due strade vincenti sembrano essere quella basata sui vaccini a Dna, che esprimono proteine del virus in modo da stimolare una
risposta immunitaria, e vaccini che utilizzano virus resi inoffensivi per veicolare geni che esprimono le proteine del virus Hiv. Finora nessuno di questi due approcci e’ riuscito a funzionare da solo, ma combinando fra loro i vaccini si spera di
ottenere una risposta completa perche’ in questo modo il sistema immunitario viene preparato a rispondere meglio e a riconoscere
immediatamente le particelle virali. ”Anche il vaccino italiano messo a punto presso l’Istituto superiore di sanita’ – ha aggiunto Pantaleo – potra’ essere probabilmente inserito in una strategia combinata, ma i dati sono ancora troppo preliminari per esprimere pareri definitivi”. ”Oggi e’ impensabile sviluppare vaccini lavorando in modo isolato”, ha osservato lo studioso. E aprire una prospettiva internazionale e’ proprio lþobiettivo del Global Vaccine Enterprise, l’iniziativa internazionale nata grazie alla Fondazione di Bill e Melinda Gates e la cui realizzazione e’ incoraggiata dal G8.
Lo scopo e’ riunire tutti i ricercatori che nel mondo sono impegnati nella ricerca sul vaccino anti-Aids, sia all’interno di strutture pubbliche sia in strutture private.
Per quel che riguarda invece i vaccini terapeutici, lo studioso ha dichiarato che i vaccini preventivi oggi allo studio sono gli stessi utilizzabili a scopo terapeutico, ossia nei pazienti che hanno gia’ contratto il virus. In questo caso non e’ necessario ricorrere a combinazioni poiche’ il sistema
immunitario e’ gia’ stato stimolato una volta dalla stessa presenza del virus. Il problema in questo caso, secondo Pantaleo, e’ soprattutto quello di trovare le risorse a causa dei problemi di sicurezza, e di conseguenza di problemi legali e
assicurativi, posti da questi vaccini.