Studio Fondazione Nadir/Edge: terapie antiretrovirali & concomitanti

La Fondazione Nadir, in collaborazione con Edge Consulting srl, ha svolto una ricerca direttamente sulle persone con HIV per verificare l’utilizzo dell’assunzione di terapie concomitanti assieme ai farmaci antiretrovirali. I risultati ottenuti sono in controtendenza rispetto al credo comune secondo cui l’infettivologo conosce tutto rispetto al proprio paziente. Questa una sintesi preliminare dei risultati dello studio, che verrà pubblicato su Delta, con tutti i dettagli, nel numero di febbraio 2006.

PROBLEMA: LE INTERAZIONI FARMACOLOGICHE

L’utilizzo di farmaci antiretrovirali richiede un’attenzione particolare: tante infatti sono le interazioni tra la terapia per combattere l’HIV e farmaci comunemente utilizzati per qualunque problema (ad esempio gli antiacidi). Ci siamo banalmente chiesti la conoscenza e l’attenzione su questo tema da parte dei pazienti. Semplici domande: i pazienti informano l’infettivologo ? Si rivolgono solo a loro o esistono anche altri canali ? Siamo andati a verificare direttamente con loro quali sono le abitudini. Ricordiamo che spesso le interazioni tra i farmaci antiretrovirali ed altre terapie assunte possono portare a diversi livelli ematici dei farmaci anti-HIV, ponendo a serio rischio il successo della terapia: infatti le associazioni dei pazienti (tra cui la nostra) da anni chiedono con insistenza a tutte le aziende di effettuare studi di interazione. Ricordiamo anche, a titolo di esempio, le disposizioni dell’AIFA (dicembre 2004) che indicano chiaramente che Reyataz (Atazanavir solfato) con Norvir (Ritonavir) non deve essere somministrato contemporaneamente ad inibitori della pompa protonica (omeprazolo).

ESTREMI SINTETICI DELLA RICERCA

Indagine direttamente sulle persone HIV+ nel mese di settembre 2005 per misurare l’uso concomitante di varie terapie e gli antiretrovirali. Sono state completate 243 interviste faccia a faccia in 7 grossi centri che hanno in cura persone con HIV.

Cenni demografici:

Uomini: 63%, Donne: 33%, Transgender: 3%. Persone intervistate in terapia: 83%, Coinfezione con epatite C: 35%, Coinfezione con epatite B: 13%.

Età: fino a 30 anni: 7%, tra i 30 ed i 40 anni: 44%, oltre i 40 anni: 49%

TERAPIA ANTIRETROVIRALE

Dell’83% in terapia, la media temporale risulta essere di 78 mesi (6 anni e mezzo). In particolare:
da < di 1 anno: 13%, da 1 a 5 anni: 35%, da 6 a 10 anni: 30%, oltre: il rimanente.

Quale terapia ?

Dell’83% in terapia…

-tra i nucleosidici emergono l’utilizzo di Combivir (35%), Epivir (39%), Viread (25%);

-tra i non nucleosidici risultano equivalenti Sustiva e Viramune (20%);

-tra gli IP padroneggia Kaletra (26%), seguito da Reyataz (11%).

In media le persone assumo 6 compresse al giorno. Padroneggia la bis in die: 80%.

Abbastanza distribuito il campione per linea terapeutica:prima terapia: 33%, seconda terapia: 28%, terza terapia: 15%, oltre la terza: 24%.

Sensibilizzazione alle informazioni sui farmaci

Le persone hanno dichiarato (tra il 75% e l’80%) di essere sensibili al problema dei farmaci, cercando informazioni sulle terapie. Il medico risulta essere la fonte principale (oltre l’80%), tuttavia internet, le associazioni ed i giornali risultano fonti non trascurabili (attorno al 30%).

TERAPIE CONCOMITANTI

Dell’83% in terapia…:

Ben il 24 % utilizza farmaci antiacidi, ossia Malox, Ranidil, Citrosidina (di questi sono in terapia con Kaletra il 40%, Reyataz il 17%, NNRTIs il 15%). L’utilizzo dichiarato degli antiacidi, per oltre il 55% dei casi, non è al bisogno, ma “regolare” oppure “a cicli”. Quasi la metà non badano a distanziare la terapia antiretrovirale da quella antiacida.

Prescrizione: sorprendentemente, solo la metà si rivolgono agli infettivologi, l’altra metà si rivolge a medici di base, farmacisti, amici, ecc…

Informazione all’infettivologo: spesso data, ma oltre il 70% di essi non ha dato attenzione al problema.

Dell’83% in terapia…: il 6% assume antipertensivi;
il 14% ansiolitici o antidepressivi; il 7% antidislipidemici; il 16% analgesici; il 13% antinfiammatori; il 15% ipnotici.

COMMENTO/DISCUSSIONE

Questo studio evidenzia la necessità di:

  • implementare la comunicazione medico-paziente su un tema così importante: spesso i pazienti non hanno conoscenza del fatto che alcune interazioni farmacologiche possono essere potenzialmente dannose alla loro salute: si invitano dunque tutte le persone HIV+ in terapia che assumono anche terapie concomitanti ad informare sempre l’infettivologo;
  • implementare la sensibilizzazione della classe medica (infettivologo) sul tema delle interazioni: emerge il fatto che a volte gli infettivologi o non si curano il tema oppure non sono a conoscenza di quello che fanno i loro pazienti: è il colloquio medico paziente che deve diventare “luogo di confidenza” rispetto a queste situazioni;
  • fare molta attenzione ai canali alternativi utilizzati per la prescrizione di farmaci concomitanti….il medico di base ha le competenze per prescrivere terapie concomitanti alla terapia antiretrovirale ? Il medico di base è informato rispetto al fatto che il suo paziente assume una terapia antiretrovirale ? E il farmacista ? Ancora una volta il colloquio infettivologo-paziente deve essere ritenuto centrale in questo senso.

    Tutto questo perché altrimenti si rischia di compromettere regimi terapeutici efficaci in nome, soprattutto, della non comunicazione.

    I dati emersi in questo studio sono in controtendenza rispetto ad un credo comune secondo cui l’infettivologo è informato di tutto rispetto al suo paziente: è necessario riflettere su questo tema !

    Nota: sul numero di Febbraio di Delta saranno resi noti tutti i dettagli relativi allo studio