“Arrivare con un testo già pronto prima di Cancun è già un vantaggio. Non finirà con un insuccesso come a Seattle, andiamo meglio preparati”, così affermava il 1° settembre scorso Pascal Lamy, commissario dell’Unione Europa per il commercio estero in un intervista a “La Stampa” parlando del vertice dell’Organizzazione mondiale per il commercio (Wto) che si terrà a Cancun dall’11 al 14 settembre prossimi. Di Letizia Gabaglio*La fiducia del funzionario, negoziatore per l’Unione, viene anche dall’approvazione il 30 agosto scorso a Ginevra del testo sui farmaci salvavita. Ma su quel documento, che dovrà essere ratificato durante l’incontro di Cancun, si sono scatenate molte polemiche. Nonostante il Wto lo consideri una svolta epocale, le Organizzazioni non governative non lo hanno giudicato un buon accordo. Tutto ha inizio con la dichiarazione di Doha adottata dal Wto nel novembre 2001 in cui si stabilisce il principio della priorità della salute pubblica rispetto ai diritti di proprietà intellettuale: come dire, di fronte alla gravità dei problemi di salute pubblica che affliggono molti paesi in via di sviluppo, in particolare quelli causati da Hiv, malaria, tubercolosi e altre epidemie, ai farmaci non può essere applicata la stessa normativa che regola gli scambi commerciali internazionali. In particolare un paese in via di sviluppo che si trovi in una situazione di emergenza sanitaria può produrre i farmaci che gli sono indispensabili senza essere obbligato ad acquistarli dalle case farmaceutiche e, se non è in grado di farlo, può importarli da altri paesi in via di sviluppo che invece lo riescano a fare. “Ma su questo le posizioni erano discordanti. Gli Stati Uniti per esempio erano contrari”, spiega Mauro Guarinieri, presidente dell’European Aids Treatment Group e vice presidente dell’associazione Nadir. “E l’Unione Europea si era impegnata a mediare sulla base anche di quanto aveva deciso il Parlamento europeo”. Già, il Parlamento. “Il testo approvato dall’assemblea era diretto e preciso e riassumeva il concetto in 196 parole”, spiega Guarinieri. “Il documento del Wto ne contiene più di 23 mila”. A cosa sono servite tutte queste parole in più? “Ad aggiungere complicazioni e limitazioni al commercio dei farmaci generici prodotti dai paesi in via di sviluppo”, spiega ancora Guarinieri. Le clausole, fortemente volute dagli Stati Uniti, introducono misure di controllo per evitare che gli stessi medicinali siano poi importati parallelamente e che raggiungano così i mercati occidentali. Per esempio obbligando i produttori a contrassegnare in maniera specifica le confezioni. Così che le grandi aziende farmaceutiche possano dormire sonni tranquilli. “In realtà si tratta solo di norme che vogliono scoraggiare la produzione”, chiosa l’attivista. Anche Medici senza Frontiere e Oxfam hanno criticato l’accordo giudicandolo troppo vicino agli interessi dell’industria farmaceutica statunitense e occidentale. “Non è un buon accordo ma ormai la partita è chiusa e ora dobbiamo impegnarci affinché sia subito messo in pratica”, dice Guarinieri. Solo l’Aids colpisce 42 milioni di persone al mondo e tre quarti di loro vivono nell’Africa sub-sahariana, dove questa malattia è diventata una gigantesca sfida alla sopravvivenza. E nonostante siano ormai disponibili farmaci in grado di controllare la farmacia, solo il 5% delle persone sieropositive può farne uso. Per tutti gli altri è come se fosse ancora il 1984. E’ tempo di correre ai ripari.