L’Hiv si scopre a 40 anni. In Italia cresce l’età in cui il virus viene diagnosticato la prima volta, per lo più tra i 35 e i 39 anni. Si è quindi spostata in avanti l’età media della diagnosi, passando dai 29 anni del 1985 ai 40 anni del 2003 per l’uomo e dai 24 ai 38 anni per le donne. Lo indica la ricerca dell’Istituto superiore di Sanità, pubblicata oggi sul sito www.iss.it.
04/11/2004 15.24
Aids: gli ultimi dati in una ricerca Iss
L’Hiv si scopre a 40 anni. In Italia cresce l’età in cui il virus viene diagnosticato la prima volta, per lo più tra i 35 e i 39 anni. Si è quindi spostata in avanti l’età media della diagnosi, passando dai 29 anni del 1985 ai 40 anni del 2003 per l’uomo e dai 24 ai 38 anni per le donne. Lo indica la ricerca dell’Istituto superiore di Sanità, pubblicata oggi sul sito www.iss.it.
Lo studio conferma inoltre che l’Italia, teatro di una battaglia all’Hiv che fino al 2001 ha fatto scendere i nuovi casi di malattia, ora registra una curva epidemica costante. I casi noti di Aids fino a giugno 2004 ammontano a circa 54mila dall’inizio dell’epidemia. Circa 34mila malati sono già deceduti, e oggi si stima che siano 20mila gli italiani affetti da Aids.
Secondo gli ultimi dati notificati al Centro operativo Aids sarebbero 847 i nuovi casi registrati nel primo semestre del 2004. Numeri che confermerebbero una certa stabilità nel trend d’incidenza della malattia – secondo l’Istituto superiore di Sanità – che, dopo un costante incremento sino al 1995, è diminuito rapidamente fino al 2001, anno in cui si è registrata una battuta d’arresto e il numero dei nuovi contagi in un anno è rimasto costante.
Le regioni più colpite sono nell’ordine: Lombardia, Lazio, Liguria ed Emilia Romagna. Le città in cui si registrano tassi d’incidenza più elevati nell’ultimo anno sono Ravenna, Piacenza, Lecco, Varese, Rimini e Roma. È aumentata, inoltre, la proporzione dei contagiati stranieri, passati dal 4,5% del 1995 al 15% nel 2003. Oltre il 70% di loro ha un’età compresa tra i 25 e i 39 anni. Quasi il 60% dei contagi è attribuibile all’uso di droghe per via endovenosa, ma è in netto aumento la proporzione dovuta a trasmissione sessuale del virus, soprattutto tra gli eterosessuali che, praticando rapporti non protetti, rappresentano la categoria più colpita nell’ultimo anno.