Sono molteplici gli effetti degli inibitori della proteasi osservati in colture di cellule prelevate dal midollo di pazienti sieropositivi e almeno tre sono i piu’ importanti, descritti dai ricercatori italiani. Protagonisti: Andrea Cossarizza, Modena e Fernando Aiuti, Roma.Innanzitutto i farmaci agiscono sulla membrana cellulare e la stabilizzano: un effetto, questo, particolarmente evidente sulle cellule stromali. Nei pazienti colpiti dall’infezione, infatti, queste cellule perdono la caratteristica forma affusolata per diventare tondeggianti, ma sotto l’azione dei farmaci riprendono la forma originaria. In secondo luogo riducono la mortalita’ cellulare. ”I farmaci che abbiamo considerato nella ricerca – ha osservato Cossarizza, bloccano una serie di vie metaboliche che facilitano la morte cellulare e facilitano la proliferazione”. C’e’ ancora molta strada da fare, secondo il ricercatore, prima di arrivare a comprendere il meccanismo d’azione complesso di queste sostanze. In terzo luogo i farmaci hanno un’azione diretta anche su sostanze che stimolano il sistema immunitario e che nei pazienti colpiti dal virus Hiv sono alterate, come le citochine e il Tns-alfa. Nella ricerca si e’ visto che i farmaci attivano citochine importanti per il controllo dell’infezione, come l’interleuchina-2 e l’interferone, mentre riducono l’attivita’ di citochine dannose, come l’interleuchina-4.
La ricerca e’ stata condotta utilizzando i primissimi inibitori delle proteasi utilizzati nella terapia, chiamati ritonavir e indinavir. ”Non abbiamo studiato tutti gli inibitori – ha detto Aiuti – e non possiamo quindi affermare che i risultati osservati in questo studio possono estendersi a tutti gli inibitori della proteasi.
La ricerca adesso proseguira’ per studiare l’effetto dei farmaci nei pazienti che cominciano la terapia, confrontando la situazione iniziale del midollo con quella che compare a sei mesi dalla cura. Questo studio permettera’ anche di verificare l’eventuale azione di farmaci diversi dagli inibitori della proteasi.
Un altro filone di studi riguardera’ invece i pazienti diventati resistenti ai farmaci anti-retrovirali ma che continuano la cura. ”In questi pazienti – ha osservato l’immunologo – si e’ osservato in passato un miglioramento nella capacita’ di crescita dei linfociti nonostante l’assenza di risposta alla terapia. Qualche altro fattore, percio’, deve spiegare il miglioramento”. Secondo Aiuti comprendere gli effetti degli inibitori della proteasi sul midollo apre anche ”interessanti prospettive sull’impiego di alcuni inibitori delle proteasi in altre patologie, come le immunodeficienze primitive, alcuni tumori, oltre che in alcune malattie infettive ed autoimmuni”.(ANSA).