La coorte D:A:D ha analizzato 27.454 persone con una età media di 41 anni al basale per ottenere 3 risultati: l’incidenza di infarto, la malattia coronarica e l’infarto con procedura invasiva (K Petoumenos 61). La ricercatrice sostiene che dalla coorte D:A:D si rileva un leggera accelerazione del rischio di malattia coronarica e cardiovascolare per anno di anzianità rispetto alla popolazione generale. Ma in questa analisi il rischio relativo d’infarto non è diverso rispetto alla popolazione generale per quanto concerne l’età dell’evento. Su questo dato coincidono sia lo studio D:A:D che quello effettuato sui veterani. In conclusione, il rischio assoluto di malattia cardiovascolare correlata all’HIV rimane sconosciuto. Per avere un dato omogeneo e coerente bisognerebbe somministrare gli antiretrovirali alla popolazione generale per controllarne tossicità e sindrome metabolica.
I dati estrapolati dagli studi SMART, ESPRIT e SILCAAT (Grund B 60) confermano che le persone con HIV sono esposte a patologie non AIDS correlate, quali tumori, malattia cardiovascolare, epatica e renale. La ricercatrice sostiene che tali fattori sono dovuti in parte alla costante infiammazione, anche in presenza di terapia, e alla coagulazione notando gli effetti combinati dell’interleuchina-6 e del D-dimero. Si suggerisce, pur non essendo diagnostica di routine, di valutare D-dimero e IL-6, parametri utili per comprendere l’efficacia di uno schema terapeutico ed eventualmente sostituirlo in presenza di questi fattori fortemente infiammatori.
Uno studio sulla placca aterosclerotica coronarica (Zanni M OA 63) mostra che l’infarto del miocardio può essere prevenuto anche con l’uso della tomografia (TAC). Le immagini, infatti, evidenziano i diversi gradi di calcificazione e stenosi che rendono le coronarie vulnerabili e quindi spetta al cardiologo e al radiologo valutare l’opportunità di interventi angioplastici.