Scontro tra aziende e farmacisti in vista del decreto che il governo si prepara ad approvare oggi sulla revisione dei prezzi delle medicine.Cresce la spesa per i farmaci in Italia ed è subito polemica su come devono essere ridistribuiti i sacrifici, anche in vista del decreto che il governo si prepara ad approvare oggi sulla revisione dei prezzi delle medicine. Del resto i dati parlano chiaro. Secondo Federfarma, l’associazione dei farmacisti, a maggio l’aumento è stato compreso tra il 10 e il 14%, ben più del 2,5% dichiarato dalle aziende farmaceutiche. A sollevare il problema è stato l’Osservatorio della terza età (Ote) suggerendo una revisione dei guadagni riconosciuti a farmacisti e grossisti, che ammonterebbero al 27% sia per i farmaci di fascia A che per quelli di fascia C (quelli a totale carico dei cittadini). L’Ote aggiunge: «Le farmacie riscuotono ogni anno per un decreto Regio del `27 circa 4 miliardi di euro. Se contribuissero al risparmio con i grossisti, si potrebbero ottenere ricavi pari a 762 milioni di euro annui. Ma Federfarma – che rappresenta circa 15 mila esercizi privati – non ci sta e replica alle accuse di Ote e Farmindustria dichiarando che «in realtà sono le aziende che non si vogliono far carico dello sfondamento del tetto di spesa». Che non debbano essere sempre gli stessi – soprattutto gli anziani – a pagare i prezzi per ridurre la spesa farmaceutica, l’Ote lo ha chiaro in mente. Infatti, se nel 2003 lo Stato ha speso il 6,2% in meno, le Regioni sono riuscite a tagliare i costi attraverso il ricorso ai ticket, le ditte farmaceutiche hanno assorbito i mancati introiti pubblici con i guadagni derivanti dalla maggiore vendita di farmaci in fascia C, i cittadini hanno sborsato dalle loro tasche circa un miliardo di vecchie lire in più. I meccanismi con cui si è arrivati a questa situazione sono arcinoti: nel corso degli anni, almeno un ventennio, si è ridotta la quota di farmaci dispensati in fascia A e proporzionalmente è aumentata quella a totale carico del cittadino. Ammalarsi oggi di un influenza è un privilegio e, a differenza del passato, si devono pagare antipiretici, antiinfiammatori, sedativi della tosse. Inoltre – con l’introduzione delle note Cuf (Comitato unico del farmaco) – non tutti i farmaci, anche in fascia A vengono dispensati. Bisogna rispettare alcune linee guida terapeutiche e, spesso, molti assistiti non rientrano nei criteri diagnostici necessari ad avere le medicine gratuite. Infine, quella che era stata annunciata come un vera «rivoluzione» – l’introduzione dei cosiddetti generici – si è rivelata per ora un bluff. Infatti, i generici sono stati prescritti poco dai medici ed hanno trovato scarsa accoglienza da parte dei cittadini che li hanno considerati farmaci di bassa qualità. Un effetto comunque l’introduzione dei generici l’ha provocato: molte industrie hanno ridotto per proprio conto i prezzi del farmaco commerciale per riportarlo allo stesso valore del generico. Ad esempio l’Aulin – un notissimo antiinfiammatorio – oggi si vende al costo di un generico. Tanto da pensare che in questi anni la spesa farmaceutica è stata notevolmente gonfiata da costi che solo indirettamente avevano a che fare con l’efficacia terapeutica della medicina. Infatti sul prezzo dei farmaci hanno pesato i costi della commercializzazione più che quelli della ricerca. E le industrie continuano a esercitare un controllo sui brevetti: in gioco è ancora il monopolio su alcune classi terapeutiche