Il congresso sulla terapia farmacologia per l’HIV che ha avuto luogo dal 14 al 18 novembre a Glasgow è stato preceduto da una conferenza stampa ove il presidente, Ian Weller, ha commentato che questo meeting si indirizza sempre di più alle problematiche del mondo in via di sviluppo.
Anche Bob Munk, medico dell’Arizona e persona con HIV ha sottolineato che ad una conferenza di questo tipo è come trovarsi al ristorante e poter scegliere il menù mentre oltre il 90% della popolazione mondiale non può neanche entrarvi.
Molto centrato sulle strategie terapeutiche per diminuire gli effetti collaterali, migliorare l’aderenza, risparmiare classi di farmaci, ma ottenere risultati ottimali dalla combinazione dei farmaci disponibili, abbiamo assistito ad interessanti presentazioni di Patrick Yeni (ANRS Francia) che ha sottolineato l’importanza di ritardare l’inizio della terapia e di pensare anche al disegno di quella di seconda linea quando si disegna la prima.
In questa direzione anche la presentazione di Vernazza (Svizzera) che ha fatto una review delle strategie con solo IP, mentre Gazzard (Inghilterra) ha accennato che l’associazione di T-20 con tipranavir potrebbe essere promettente.
Anche Maggiolo (Italia) ha dimostrato che i risultati virologici nei pazienti che assumono NNRTI sono migliori in quanto l’aderenza più semplice coniugata con la lunga emivita di questa classe è più “forgiving”.
Montaner (Canada) ha parlato di interruzione strutturata di terapia escludendone l’applicazione nell’infezione acuta e nel salvataggio, lasciando aperta la porta alla “pulse” guidata dal numero dei CD4 solo per diminuire gli effetti collaterali.
Particolare attenzione è stata data al fallimento virologico precoce della combinazione TDF + DDI che in questi giorni è stato oggetto di una lettera di BMS agli operatori sanitari negli USA.
Per quanto concerne la farmacologia, Schapiro (Israele) conferma l’importanza di determinare il dosaggio ottimale di farmaco che può variare da paziente a paziente. La “taglia unica” è valida nell’abbigliamento ma non nella terapia per l’HIV.
Reiss (Paesi Bassi) e Lopez (Spagna) hanno descritto la tossicità mitocondriale ed in particolare la Lopez ha riferito i risultati di uno studio ove appare che le persone con HIV, ma senza terapia antiretrovirale hanno deplessione mitocondriale, aggravata in seguito con l’inizio della terapia.
Presentati da Cahn (Argentina) i dati dello studio RESIST-2, analogo al RESIST-1 effettuato negli USA, Canada e Australia: notevoli i risultati virologici su persone fortemente pretrattate rispetto al braccio con altri inibitori della protesi, evidenti le alterazioni delle transaminasi ed i dati di laboratorio di trigliceridi e colesterolo.
Maggiori elementi di dettaglio saranno riportati su Delta n.20, disponibile sul sito web dal 28/11/2004, insieme ad un rapporto dal seminario sulla lipodistrofia (Washington, 27 e 28 ottobre 2004) e sulla conferenza ICAAC (Washington, 30 ottobre – 2 novembre 2004).