Alessandra Bandera (Ospedale Maggiore – Milano), Massimo Andreoni (Università di Tor Vergata – Roma), Antonella Castagna (San Raffaele – Milano), Gianni di Perri (Università degli Studi di Torino/Amedeo di Savoia) video-intervistati dal Presidente di Nadir Filippo von Schloesser, delineano i principali temi affrontati nella conferenza (Seattle, 4-7 Marzo 2019). A seguire, un’anticipazione del report nel prossimo numero di Delta – n. 84, Marzo 2019.
Interviste patrocinate da Plus, Anlaids, NPS, Mario Mieli, ASA, LILA.
Di seguito l’anticipazione dell’articolo Delta 84.
Un’edizione dedicata a molti studi che propongono strumenti utili in studio per l’eradicazione dell’HIV. Ma per raggiungere l’obiettivo, sono molti i passi e molti gli approfondimenti che si devono fare e, di non facile valutazione i fondi che si devono investire. Alcuni possibili percorsi sono, almeno scientificamente, identificati.
Alla sessione di apertura Anthony Fauci, che da 25 anni guida l’NIH, ha confermato che il presidente USA ha promesso fondi per la ricerca dal 2020, ribadendo che l’epidemia deve essere cancellata dal mondo. NIH si aspetta un fondo ad hoc, che dopo quello PEPFAR iniziato da Bush, potrebbe stimolare la ricerca in questo senso. Fauci, sottolineando più volte la teoricità del concetto, ha affermato che oggi vi sono strumenti per eradicare l’HIV dal mondo se si potesse dare una terapia a tutti coloro che sono già infetti e a tutti coloro che sono a rischio. Basti pensare che unendo i due concetti TASP e U=U si deve poter cercare di realizzare questo progetto, che però implica l’elaborazione di una strategia realizzabile nel mondo reale.
Gli adiuvanti in studio
Lo stesso Nussenzweig della Rockefeller University ha mostrato come l’immunoterapia che sta emergendo dagli sudi sugli anticorpi mono e policlonali, può diventare, una volta superata la fase di studi pre-clinici, un adiuvante alla ART o una cura stessa e ha sottolineato l’importanza che potrebbe rivestire nella prevenzione di nuove infezioni rinforzando l’immunità dell’ospite contro il virus.
Un esempio è stato fornito dallo studio (abs. 25, Tebas) con la somministrazione di ZFN CCR5 ha dimostrato il mantenimento di livelli viremici bassi e il rialzo virologico modesto dopo l’interruzione, che potrebbe diventare un elemento che avvicina al concetto di cura. Presentati i dati sulla romidepsina (abs 26), pembrolizumab (abs 28LB), anticorpo monoclonale capace di inibire l’espressione dell’HIV (abs 29LB) e del CCR5 Delta 32 omozigotico capace di bloccare la replicazione virale per 16 mesi. Anche il rutoxilinib, pur non avendo un’azione diretta di inibizione dell’IL6, ha dimostrato di riuscire a tenere bassi i valori di infiammazione nelle persone che da molti anni presentano positività al virus, anche senza viremia plasmatica rilevabile (abs. 37 LB). Alcune tra tutte queste molecole potranno divenire adiuvanti per la cura dell’HIV, se gli studi clinici ne confermeranno l’efficacia e saranno somministrabili in situazioni ove la risposta immunologica potrà non essere sufficiente a preservare la persona da altre co-patologie.
Anche gli scissori molecolari eliminano l’espressione genetica del virus, almeno negli studi effettuati sulle scimmie.
Il secondo paziente negativizzato
Nella storia dell’HIV solo due pazienti hanno avuto remissione completa dall’HIV. Il primo da alcuni anni, conosciuto come il “Berlin Patient” ed in questi giorni il secondo “the London Patient” ha confermato la propria negativizzazione a 18 mesi, senza più assumerne la terapia. Si tratta di una persona cui si è trapiantato il midollo da una persona che aveva un raro gene conosciuto come CCR5-Delta-32. La ARV gli era stata sospesa dopo 16 mesi dal trapianto ed i ricercatori hanno fiducia che rimarrà sieronegativo, con remissione della patologia. Ovviamente, la procedura, molto invasiva, è al momento solo proponibile ad alcuni casi particolarmente gravi in cui non vi sono opzioni valide nell’armamentario ARV. Il terzo paziente con remissione di HIV ha raggiunto i 3 mesi di negativizzazione. Si attendono risultati più a lungo termine. Si consiglia la visione dell’intervista video effettuata alla prof.ssa Alessandra Bandera il 6 marzo, che chiarifica ulteriormente l’evento (www.nadironlus.org).
Patologie correlate
Se all’inizio dell’epidemia si assisteva a molte polmoniti, infezioni fungine, con l’allungamento della vita le patologie collegate all’HIV sono più subdole e invalidanti. Molti gli studi osservazionali che hanno riportato la prevalenza di tumori in presenza di HIV: tumori del polmone, Sarcoma di Kaposi e sua derivazione dall’EBV, cancro del seno, fratture che in particolare suggeriscono il costante monitoraggio della BMI, indice di massa corporea, in quanto le fratture rappresentano un rischio di mortalità di oltre il 50% delle persone che ne sono vittima, arresti cardiaci improvvisi collegati al basso numero di CD4 e alla viremia plasmatica non soppressa (abs 30, 31, 32).
PrEP
La Gran Bretagna ha confermato un declino delle nuove infezioni da HIV del 55% negli ultimi due anni. Il dato, che era già stato confermato per Germania e Svizzera, secondo gli epidemiologi può essere dovuto al maggiore accesso alla PReP. Globalmente si stima una diminuzione del 30% a livello mondiale.
Presentati anche uno studio sul cabotegravir (contro placebo) sull’assenza di fenomeni metabolici nell’utilizzo in PrEP ed uno sui dati che dimostrano la non inferiorità del Descovy (abs. 103 studio Discover,e abs. 104 LB con somministrazione di tenofovir alafenamide con emtricitabina contro Truvada), anche se il periodo di induzione del farmaco è più lento rispetto a quello del Truvada e anche se una parte del dosaggio del farmaco non è assorbita interamente e quindi è meno presente nel tratto rettale.
Farmaci in studio
Forniti i risultati a 48 settimane sulla somministrazione di cabotegravir + rilpivirina con 2 iniezioni intramuscolari una volta al mese (studio Flaire, abs O13) in switch da regimi orali (556 pazienti) a tre farmaci da almeno 20 settimane con una mediana di 444 CD4. Riscontrati i dati di non inferiorità e di tollerabilità. Lo studio dimostra il potenziale terapeutico del CAB+RPV sotto forma iniettabile dopo il periodo di induzione con tre farmaci ad uso orale. Lo studio ATLAS ha mostrato i risultati virologici della formulazione iniettiva con braccio di confronto di farmaci orali. Lo sviluppatore della combinazione chiederà l’approvazione a EMA e FDA per la somministrazione iniettiva una volta ogni due mesi, anche in considerazione dei dati di farmacocinetica presentati lo scorso luglio. Le concentrazioni PK della formulazione iniettiva mostrano una curva al di sopra dell’AUC stabile per almeno 60 giorni. Se ne stima l’approvazione per gli ultimi mesi dell’anno in corso e ci si augura che AIFA e le regioni ne autorizzino la commercializzazione in Italia in tempi brevi.
Un grande nuovo scenario si apre nella terapia per l’HIV: sarà possibile scegliere se assumere una terapia orale o una iniettabile che avrà una durata di molti mesi. Ciò potrebbe essere di supporto alle persone che hanno difficoltà ad assumere compresse quotidianamente e che potranno scegliere una terapia iniettiva una volta ogni due mesi. Nadir farà il possibile affinché le istituzioni adattino la propria struttura di servizi a questo cambiamento rivoluzionario e che permettano la somministrazione intramuscolare anche attraverso canali extra-ospedalieri, migliorando i livelli assistenziali necessari per renderlo fattibile.
Lo studio sul Biktarvy da switch in pazienti con resistenze archiviate (biktegravir, emtricitabina e TAF, Studio GS-US-380-1474) ha confermato che la singola compressa con i tre farmaci riesce a mantenere la viremia controllata in circa il 99% di pazienti in studio (561) anche in presenza di mutazioni genotipiche archiviate NRTI (ove però non è stata confermata l’efficacia della combinazione, poster 2414). Anche nello studio 4030 a 48 settimane non si sono riscontrate resistenze (poster 3362). Con questa combinazione, però, si è riscontrato un aggravamento dell’epatite B che ha obbligato alla sospensione della terapia. Anche con Biktarvy, si sono registrati problemi renali e quindi la terapia non può essere raccomandata a persone con insufficienza renale o sidrome di Fanconi. Da riportare casi di diarrea, nausea e cefalea.
Il primo inibitore della maturazione in sviluppo, il GSK2838232 ha mostrato la proof of concept in associazione con cobicistat, formulazione orale per 10 giorni in 33 pazienti con viremia plasmatica superiore a 350. Il dosaggio prescelto negli studi di fase IIA è di 100 mg che ha offerto un notevole abbassamento della viremia nei 10 giorni di studio. Si tratta per ora di un farmaco che potrebbe essere utile a persone che non hanno alternative terapeutiche.
L’inibitore capsidico in studio col nome GS-6207 ha iniziato il percorso di studio in 40 pazienti, volontari negativi, e conserva concentrazioni misurabili per 24 settimane nella formulazione che sembra consisterà di un’unica somministrazione sottocutanea.