Editoriale Associazione Nadir – …assistiamo a dichiarazioni di altre associazioni che sostengono che “va tutto bene”, che “non c’è nessun problema in merito alla disponibilità dei farmaci in Italia”. Grave! Dichiarazioni del genere, che magari inseguono interessi particolari, non fanno altro che eludere e manipolare la realtà !Che la lotta all’AIDS e l’impegno delle associazioni di pazienti operanti sul territorio nazionale, di pari passo alle nuove scoperte scientifiche, siano cambiate nel corso di questi anni, è una realtà. Oggi come oggi abbiamo a disposizione numerose molecole per contenere l’infezione da HIV. Farmaci sempre più sofisticati, sempre più costosi, di nuove classi sono a disposizione dei medici e dei pazienti.
Ma cosa significa, per un paziente, che un farmaco sia a disposizione? Oppure, cosa significa avere la possibilità di essere monitorati per la propria patologia nel modo corretto ?
Per un paziente che afferisce alla sua struttura sanitaria, significa avere a disposizione dei percorsi diagnostici e terapeutici, in linea con quanto scritto nelle linee guida nazionali ed internazionali, sulla patologia per cui è in cura. Ma non è così.
Luci e ombre
Molti passi avanti sono stati fatti in questi anni sul territorio italiano: certamente l’avvento dell’Agenzia Italiana del Farmaco ha contribuito in modo inequivocabile all’accelerazione dell’approvazione dei nuovi farmaci sul nostro territorio. I tempi si sono drasticamente ridotti consentendoci di essere in linea con le principali nazioni europee.
Tuttavia sono sempre più numerose le segnalazioni di persone che si ritrovano davanti alle seguenti difficoltà:
Per non parlare poi dell’annoso problema dell’accesso allargato agli ultimi farmaci per pazienti HIV-positivi pluriresistenti e plurifalliti: il nostro paese ha una normativa tale per cui ogni comitato etico locale, a seconda di una norma piuttosto che dell’altra, può respingere o non rendere disponibile la specialità medicinale sperimentale per cui un paziente, viste le ultime scoperte scientifiche, potrebbe riuscire a sopravvivere.
Perché ?
Domanda coraggiosa, che implica risposte altrettanto impavide. “I soldi” sono la maggior preoccupazione. A livello locale le regioni, le aziende ospedaliere, le farmacie ed i direttori generali delle strutture sanitarie hanno principalmente questo problema: la realtà vera è dunque quella che, nonostante la nostra Agenzia Italiana del Farmaco metta a disposizione le specialità medicinali, le persone con HIV non li possano reperire: alcuni centri prescrivono 2 pastiglie al giorno per la cura dell’HIV e altri invece, pur utilizzando le stesse molecole o molecole simili, prescrivono anche 8-10 pastiglie due volte al giorno, compromettendo così l’aderenza a trattamenti complessi con il rischio di fallimenti e costi aggiuntivi in diagnostica. Ancor più tragica la situazione in cui non possono fare i test diagnostici necessari per sapere se il percorso terapeutico è attivo oppure per cambiarlo in modo opportuno, o per iniziarlo in modo corretto.
Una peculiarità italiana è inoltre l’accesso precoce ed allargato alle specialità medicinali sperimentali: comitati etici locali che non approvano protocolli essenziali per la sopravvivenza delle persone, in forza del fatto che la legislazione vigente ha procedure realmente ostative per la salvaguardia dei pazienti.
Soluzioni ?
Difficili. Siamo in un paese dove, per permettere ad un farmaco di essere utilizzabile in una struttura ospedaliera, a seconda della città, vi è un percorso diverso. Dopo l’AIFA ogni regione ha una commissione ad hoc, con differenti poteri (consultivi o deliberatori). Inoltre in varie città o province esistono subcommissioni che devono deliberare (e potenzialmente anche respingere). La situazione reale dunque della disponibilità di un farmaco salvavita è molto variegata e tutt’altro che rosea. Come mai Nadir denuncia tutto questo? Perché riceve in continuazione segnalazioni di molti operatori sanitari e di pazienti che hanno reali e quotidiane difficoltà.
Un impegno
E’ necessaria un’opera di coordinamento nazionale e specifico, che proprio l’AIFA, per sua natura e struttura, potrebbe fare. Non si intravedono altre soluzioni. Noi siamo disponibili a collaborare con le istituzioni in qualunque modo ci venga richiesto, come abbiamo fatto in passato per risolvere le situazioni più macroscopiche. E’ forse necessario un tavolo istituzionale ad hoc per coordinare meglio ciò che viene discusso e approvato a livello centrale rispetto a ciò che accade in periferia.
C’è solo Nadir ?
Sembrerebbe di sì quando assistiamo a dichiarazioni di altre associazioni che sostengono, che “va tutto bene”, che “non c’è nessun problema”. Grave! Dichiarazioni del genere, che magari inseguono interessi particolari, non fanno altro che eludere e manipolare la realtà. Noi di Nadir, che abbiamo evidenze opposte sulla disponibilità delle nuove formulazioni e della diagnostica in Italia, prendiamo le distanze da commenti che annullano il lavoro fatto per prendere coscienza e risolvere problemi non ancora risolti.
Associazione Nadir Onlus