Il movimento omosessuale invita a partecipare anche i dirigenti del centrosinistra. Altrimenti torte in faccia. E’ ancora di moda il Gay Pride? Gli esperti di tendenze, che se se lo chiedevano già da un po’, sembrano sempre più inclini a girare il pollice verso il basso, prima di andare a cercare altrove qualcosa di più «avanti». Più che la novità dell’estate, il Pride glbt (ovvero gay, lesbico, bi e transessuale) è diventato un classico quanto il raduno degli alpini. E sono un evergreen anche le rivendicazioni politiche che fanno da sfondo al Pride, invocando la parità di diritti di fronte alla legge dei cittadini/e non eterosessuali senza trovare adeguato riscontro nello scoppiettante dibattito politico sul riformismo di casa nostra. Resta dunque d’attualità (se non di moda) lo slogan-manifesto del Pride che sfilerà domani pomeriggio a Roma, chiudendo il ciclo estivo dei cortei glbt iniziato con Milano il 5 giugno scorso e proseguito con la manifestazione nazionale di Grosseto il 19: «Unioni civili subito». Giusto dieci anni fa, il 2 luglio del 1994, fu organizzato proprio a Roma il primo Gay Pride nazionale, a pochi mesi da uno storico voto del parlamento europeo in favore dei diritti delle persone e delle famiglie omosessuali. In questo arco di tempo, la stragrande maggioranza dei paesi Ue ha tradotto in leggi effettive tutte o la gran parte delle raccomandazioni provenienti da Strasburgo. In Italia, invece, è migliorato il clima sociale, ma l’iniziativa politica è andata addirittura indietro.
Come dimenticare, per esempio, il sindaco Rutelli che nel 1994 scendeva lo scalone del Campidoglio «come Wanda Osiris» per unirsi al corteo del Gay Pride? Oggi, da presidente della Margherita, Rutelli è esplicitamente contrario al riconoscimento legale delle unioni gay e lesbiche. Non arriva a tanto il suo successore diessino Walter Veltroni. Da leader politico nazionale, però, partecipò allo storico Worldpride del 2000, mentre da quando è diventato il primo cittadino di Roma è molto più cauto nell’esporsi su certi argomenti. La situazione, poi, non è peggiorata solo sul piano simbolico. Basti pensare alla legge sulla procreazione assistita approvata quest’anno, che si affanna in modo ridicolo per sancire la non liceità dei figli concepiti (o concepibili) al di fuori della coppia eterosessuale. O alle numerose leggi regionali a tutela della famiglia varate dal centrodestra per ribadire che la pubblica amministrazione promuove solo le coppie regolarmente sposate.
Perciò il movimento glbt torna alla carica anche con questo Pride. E su iniziativa del circolo Mario Mieli, organizzatore della manifestazione, propone di rilanciare a livello nazionale la battaglia per la parità dei diritti partendo dalla legge sulle unioni civili. Se ne discute anche questo pomeriggio nel corso di una tavola rotonda dedicata alle azioni unitarie che il movimento è in grado di organizzare sul tema. Alcune associazioni hanno già annunciato che non parteciperanno alla discussione, perché contestano i metodi organizzativi del Pride oppure perché considerano riduttivo limitare la piattaforma di rivendicazioni alle sole unioni civili. Verissimo, ci sono tante altre cose da ottenere per raggiungere l’effettiva parità di trattamento delle persone e delle famiglie glbt, come ad esempio l’approvazione di norme positive contro la discriminazione o la difesa del diritto di lesbiche e gay a essere genitori. Riesce tuttavia difficile pensare di tradurre in iniziativa politica vincente una piattaforma più ampia, quando non si è ancora nelle condizioni di imporre come argomento di attualità generale la rivendicazione minimale delle unioni civili. Così la pensano gli organizzatori del Pride romano, che su questa impostazione hanno già ottenuto l’adesione di numerose sigle glbt italiane, a cominciare da Arcigay nazionale. Si tratta di forzare un blocco fortemente voluto dalla destra e tollerato (volentieri?) dal centrosinistra. Proprio ai dirigenti dello schieramento anti Berlusconi si rivolge con una lettera aperta, alla vigilia del Pride, la presidente del circolo Mario Mieli, Rossana Praitano, invitandoli a partecipare e a impegnarsi perché i diritti degli omosessuali facciano parte di un futuro programma di governo. Quelli che non si faranno vedere in piazza saranno comunque presenti in effigie. E ai partecipanti al Pride sarà consentito di esprimere un dolce dissenso, spalmando una fetta di torta sulle foto delle loro facce.