I nuovi tetti sollevano dubbi tra magistrati e politici. Il farmacologo Garattini: ‘Legge inapplicabile, resterà lettera morta’ ‘Non ci sono neanche gli strumenti per fare le misurazioni’.Il giudizio di un esperto che non può essere accusato di simpatie anti-proibizioniste, come il direttore dell’ istituto Mario Negri di Milano, Silvio Garattini, è lapidario: «Questa legge resterà lettera morta». Per il farmacologo, la tabella sulla «quantità pericolosa» delle droghe è «poco praticabile e ingenua» e l’ unica nota positiva, almeno nelle speranze, è che «sortisca l’ effetto di essere uno stimolo alla discussione». Il risultato, a parere di un magistrato che poi questa legge dovrà applicare, il sostituto Fabio Roia della procura milanese, sarà comunque «la crescita di denunce e l’ ulteriore aggravamento del sistema penale, già oberato di lavoro», sempre che «le forze di polizia siano dotate di strumenti tecnologici in grado di effettuare un’ analisi della sostanza stupefacente trovata alle persone controllate». Come stabilire, insomma, che la quantità di sostanza attiva nella droga supera quella indicata in tabella? Se i sequestri non sono cospicui, per decidere l’ arresto si andrà a spanne? Il disegno di legge sulla droga approvato giovedì dal consiglio dei ministri ha immediatamente sollevato polemiche, e non solo nel mondo politico. Il centro-destra difende l’ impostazione della legge, che non fa distinzione tra consumo e spaccio, tra droghe pesanti e leggere. L’ Udc ne rivendica la paternità, dopo che An aveva messo il proprio timbro sul ddl e nella maggioranza il solo vice-presidente della Camera, Alfredo Biondi, Fi, sembra scosso da qualche dubbio, quando ammette che ci sono perplessità anche nel proprio schieramento sulla «chiave repressiva» scelta nell’ affrontare il problema della diffusione della droga. A favore del disegno di legge, da Vienna ieri è intervenuto un funzionario italiano dell’ Onu, Antonio Maria Costa, che è il direttore generale dell’ Unodc, la struttura delle Nazioni Unite incaricata della lotta al commercio degli stupefacenti in tutto il mondo: «è importante attaccare il problema dalla radice, e cioè dalla parte della domanda». Indignate le reazioni nel centro-sinistra. Il portavoce dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, attacca: «La cosa più singolare è che nel ddl Fini ci sia più tolleranza verso i cocainomani che per chi si fa le canne» e continua: «La destra si rivela garantista con i grandi criminali e poi criminalizza i giovani che fumano spinelli». Nettissima anche la posizione dei radicali. Il segretario nazionale, Daniele Capezzone, definisce la legge «vergognosa»: «Il governo ha deciso evidentemente di proseguire sulla strada che ha portato più droga, più morti, più mafia e più Aids». Contro il disegno di legge sono intervenuti con parole dure anche sindacalisti, come Ezio Dardanelli della Fisac Cgil, e operatori sociali. Ma torniamo alle obiezioni per niente «ideologiche» di Silvio Garattini. Per il farmacologo, «una sostanza non può essere paragonata con un’ altra e la quantità pericolosa dipende assolutamente dal singolo soggetto». In pratica, variabili come l’ età, il metabolismo, lo stato di salute e di intossicazione incidono in maniera sostanziale sulla nocività della droga assunta e sui suoi effetti. Ad esempio, un eroinomane ormai assuefatto può arrivare a dosi elevate, che ucciderebbero un neofita. Impossibile, quindi, compilare una tabella. Un’ altra perplessità di Garattini, condivisa dal magistrato Roia, riguarda la misurazione della quantità di principio attivo: «Per esperienza – sostiene il direttore del Mario Negri – diverse metodiche di analisi danno risultati differenti. Quando ci sono quantità massime fissate per legge, si scatena una lotta fra analisi e controanalisi che non finisce più. L’ abbiamo già visto con le leggi precedenti. Nelle strutture complesse, è ingenuo pensare di rendere le cose automatiche».