Anticipazione di Delta 80: nuovi farmaci e combinazioni, terapie a 2 farmaci, anziani, epatite C e coinfezione, HPV, Linee Guida Europee.
Il congresso ha visto circa 3000 delegati partecipare ai lavori, per la maggior parte europei. All’apertura della conferenza, l’assessore alle Politiche Sociali di Milano Pierfrancesco Majorino ha confermato l’entrata della città nel programma Fast Track Cities, il circuito internazionale nato a Parigi e sottoscritto da numerose città in tutto il mondo per condividere programmi di prevenzione e campagne di sensibilizzazione contro l’HIV. Prevista entro l’anno anche l’apertura di un Check Point. L’ultimo giorno della conferenza, è arrivata la notizia dell’Intesa Stato-Regioni sul Piano Nazionale AIDS, che ricordiamo al momento non è finanziato. Riportiamo di seguito i principali studi emersi.
Nuovi farmaci e combinazioni
D/C/F/TAF (Symtuza®) – Sorprendentemente questa nuova compressa, che combina Darunavir/Cobicistat/Emtricitabina/TAF e che sarà nel breve disponibile in Italia, ha mostrato nello Studio AMBER – su oltre 700 pazienti complessivi, di cui 362 nel braccio con questo trattamento – un’efficacia virologica a 48 settimane in oltre il 90% delle persone con HIV naïve alla terapia (Gallant J, PS8/2). In un’analisi dello Studio EMERALD (Arribas JR, BPD2/8) – i cui risultati sono stati pubblicati in Ottobre 2017 su Lancet e nel quale sono stati arruolate persone con HIV già viro-soppressi in trattamento con IP potenziato, poi randomizzati a ricevere o il trattamento D/C/F/TAF (N=763) o a continuare il loro trattamento di provenienza (N=378) – è emerso a 48 settimane un miglioramento dei parametri di sicurezza ossea e del rene (biomarcatori di proteinuria). Sarà presente un approfondimento in Delta.
Fostemsavir (FTR) – pro-farmaco del Temsavir, un inibitore dell’attacco ora sviluppato da ViiV per i pazienti HTE (High Treatment Experienced, fortemente pre-trattati), attivo contro i ceppi CCR5, CXCR4 e duo-tropici (R5X4). Sono stati presentati i risultati degli Studi BRIGHTE (Kozal M, PS8/5), di fase III, sulla sicurezza ed efficacia al giorno 8 (monoterapia funzionale) e soprattutto alla settimana 24: il 54% dei 272 pazienti randomizzati ad assumere FTR + OBT (farmaci ottimizzati sul profilo di resistenze) ha raggiunto HIV-RNA < 40 cp/mL (71% < 200 cp/mL e 77% < 400 cp/mL). Gli effetti collaterali riscontrati sono stati consistenti con quelli tipici della popolazione oggetto dello studio.
ABX464 – è un nuovo antivirale che modula lo splicing dell’HIV-RNA (ossia ‘il montaggio’), tagliando l’HIV-DNA totale nelle cellule mononucleari del sangue periferico, quando aggiunto alla monoterapia di darunavir con booster. Il farmaco interferisce con la formazione dell’HIV-RNA, in particolare inibendo l’attività della proteina Rev (ben nota: molti vaccini hanno tentato di utilizzarla come strategia). Presentato uno studio preliminare su 30 pazienti (di cui 8 in placebo) con viremia non rilevabile (Vandekerckhove L, 1/7) ai quali sono stati dati due diversi dosaggi della molecola: 50 e 150 mg. Tra effetti collaterali e altre ragioni, sono rimasti valutabili nei primi 28 giorni solo 4 pazienti con placebo e 15 utilizzatori del farmaco, nei quali effettivamente l’HIV-DNA è diminuito. Nonostante ciò, l’aggiunta della molecola non ritarda la ricombinazione virologica (avvenuta in media dopo 13 giorni) quando entrambi i farmaci (DRV e ABX464) vengono interrotti. Sono in corso altri studi.
Terapie a due farmaci
Dolutegravir + rilpivirina – In merito ai Patient Reported Outcomes (Oglesby A, BPD 1/2), nonostante una soddisfazione al trattamento e una scarsità di sintomi espressi al basale, il 27% dei partecipanti ha dichiarato di essere voluto entrare nello studio per timore di effetti collaterali a lungo termine. In particolare, a 48 settimane i partecipanti hanno riportato una riduzione statisticamente significativa dei sintomi auto-riportati e un miglioramento della soddisfazione al trattamento nonostante l’introduzione di molecole nuove. Invariato, invece, l’indice di salute (EQ-5D). Un’altra analisi ha evidenziato come il successo della combinazione fosse indipendente dal ‘terzo farmaco’ di partenza, cioè prima dello switch, e dall’area geografica di provenienza (Orkin C, BPD 1/5). Migliorata anche la funzione tubulare renale, mentre sono rimasti invariati i marcatori di immuno-attivazione (Orkin C, BPD 2/10). Infine, in uno studio di real life francese su 273 pazienti (Bonijoli T, PE9/15), si riporta a 48 settimane da un lato un successo della strategia di switch nel 98,4% dei pazienti, ma anche un 12% di interruzioni a causa di effetti collaterali.
Dolutegravir + lamivudina – Lo Studio ASPIRE (B.O. Taiwo, PE8/5) su pazienti viro-soppressi ma senza fallimenti, ha mostrato su 44 partecipanti un’efficacia a 48 settimane del 91% (analisi as-treated: 98%). Nessuna mutazione all’integrase. Anche lo Studio ANRS 167 LAMIDOL (Joly V, PE9/11) ha confermato la bontà della strategia di switch su 110 pazienti senza precedenti fallimenti. Riscontrato 1 solo fallimento terapeutico e 9 interruzioni, di cui 4 correlabili a DTG. Un’analisi italiana prospettica (Maggiolo F, PE 9/49) su 203 pazienti viro-soppressi, ma alla terza linea terapeutica, ha confermato l’assenza di fallimento virologico in 295 pazienti/anno di follow-up. Infine, anche in un’analisi retrospettiva spagnola (Hidalgo-Tenorio C, PE 9/68) su 105 pazienti pre-trattati e con viremia non rilevabile, a 23 settimane il successo virologico è stato del 97,6%.
Persone con HIV anziane
Ci sono coorti in Europa (AGEhIV, POPPY) e negli Stati Uniti (VACS) che hanno l’obiettivo di valutare i cambiamenti di salute nelle persone anziane, mettendo a confronto le persone con HIV positive con quelle negative. Tuttavia queste coorti includono pochissime donne e nessuna si occupa di comprendere le differenze tra uomini e donne con HIV. La coorte GEPPO (Geriatric Patients Living With HIV/AIDS) è uno studio di coorte prospettico di persone con HIV oltre i 65 anni condotto in 10 cliniche italiane. L’analisi proposta (Foca E, PS5/1) confronta 210 donne over 65 con 1027 uomini delle stessa età, oltre il 97% caucasici con circa 16 anni di storia di terapia antiretrovirale. La positività agli anticorpi anti-HCV, in entrambi i gruppi, è dell’11%. Da questa fotografia emerge come le donne con HIV oltre i 65 anni hanno una soppressione virologica minore che gli uomini della stessa età (74.3% versus 81.8%, P = 0.002), ma hanno un rapporto CD4/CD8 migliore (1.01 versus 0.9, P = 0.016). Questa differenza, secondo i ricercatori, potrebbe essere dovuta agli effetti collaterali, alle comorbosità o alle interazioni farmacologiche.
La coorte POPPY esplora l’impatto dell’aging sugli eventi e obiettivi clinici nelle persone con HIV inglesi e irlandesi. La prima analisi proposta (Bagkeris E, PS2/3) su 1293 persone confronta la densità minerale ossea (BMD) in tre gruppi: 1) persone oltre i 50 anni che sono diventate HIV positive per via sessuale; 2) persone con HIV più giovani confrontate per età, sesso, etnia, modalità di acquisizione dell’infezione e zona geografica; 3) persone HIV negative oltre i 50 anni confrontate per età, sesso, etnia e zona geografica. E’ emerso come le persone con HIV del primo gruppo hanno una BMD più bassa rispetto a quelle del secondo e del terzo gruppo. Si è ipotizzato che l’utilizzo di farmaci antiretrovirali ne sia responsabile. I ricercatori stessi rilevano che la coorte non ha abbastanza donne al suo interno per fare speculazioni, così come persone che utilizzano sostanze stupefacenti per via iniettiva. La seconda analisi proposta (Sabin C, PE11/39) su 676 persone (analoghi gruppi a quella precedente) evidenzia come tra le persone HIV positive e negative sopra i 50 anni, quelle con HIV hanno con più frequenza dolore e le over 50 HIV-positive hanno più dolore che quelle giovani HIV-positive. I ricercatori propongono l’introduzione, in pratica clinica, di una scala riconosciuta per la valutazione del dolore.
Epatite C e coinfezione HIV/HCV
Siamo lontanissimi dall’eliminazione del virus HCV nel mondo. E’ quanto emerge da un’analisi dell’Università di Liverpool e dell’Imperial College di Londra (Hill AS, PS 16/5) che evidenzia come dal 2016 al 2017 la prevalenza di HCV è scesa da 69,6 milioni di persone a 68,3 (ossia del 2%), davvero poco, considerando l’obiettivo posto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, di diagnosticare il 90% delle persone e trattarne l’80% entro il 2030. La stima dell’università è che la diagnosi annuale delle persone con HCV dovrebbe essere tra i 6-7 milioni l’anno per iniziare a vedere forti trend di diminuzione dell’incidenza. I dati sono stati ricavati dall’osservatorio Polaris (http://www.polarisobservatory.org/) e, anche se da prendersi con cautela, comunque evidenziano come siano davvero poche le nazioni in cui siano stati implementati e finanziati seri programmi di screening. Ancor meno quelli di cura.
Riportiamo alcuni interessanti dati spagnoli sulla popolazione HIV/HCV coinfetta (Berenguer J, PS9/3). La prevalenza dell’HCV nelle persone con HIV in Spagna nel 2016 è dell’11,7%, circa il 50% in meno rispetto all’anno precedente (2015). Le ragioni sono da imputarsi, secondo i ricercatori che hanno proposto l’analisi, ad una serie di azioni efficaci messe in essere capillarmente sul territorio. In particolare: la promozione 1) di programmi di prevenzione molto specifici e sulle popolazioni chiave, 2) di screening pro-attivo e massivo della popolazione con HIV, 3) di trattamento diffuso e tempestivo di coloro che hanno una infezione da HCV attiva. I dati sono emersi da una rete di 43 centri che hanno in carico 38.904 persone con HIV. Tra i pazienti coinfetti, la prevalenza di HCV RNA positività è scesa dal 54% nel 2002, al 34% nel 2009, 22.1% nel 2015 fino all’11,7% nel 2016.
Infine, un’analisi su oltre 6000 persone con HIV della coorte EuroSIDA (Amele S, PS9/1) evidenzia che all’inizio del 2015 sono presenti “enormi buchi nel continuum of care delle persone con HIV/HCV in Europa”. In particolare, più del 20% delle persone con HIV e positive agli anticorpi anti-HCV, non avrebbe mai eseguito un test di quantificazione dell’HCV-RNA. Solo la metà di queste ultime avrebbe iniziato una terapia anti-HCV. Molto disomogenea, ovviamente, la situazione da paese a paese (est versus sud), tuttavia è preoccupante come in una popolazione così controllata, i numeri siano così lontani dal raggiungimento di un obiettivo che sembrerebbe più percorribile: l’eliminazione dell’HCV nella popolazione HIV positiva.
Vaccinazione anti-HPV
Uno studio italiano (Vergori A, PS7/4) evidenzia come la vaccinazione nonavalente anti-HPV avrebbe potuto proteggere da HPV anale il 75% degli uomini con HIV. Inoltre, il 33% avrebbe potuto avere protezione anche per l’HPV oro-faringeo. Queste valutazioni emergono da un’accurata analisi, compresa quella dei ceppi, su 395 uomini HIV positivi, dei quali l’86% MSM. I ricercatori propongono l’utilità dello screening anale e orale per HPV negli uomini MSM positivi, offrendo conseguentemente la vaccinazione.
Linee Guida Europee
Queste le principali novità della versione 9.0:
- D’obbligo il trattamento dell’HCV attivo in tutte le persone con HIV.
- Atazanavir/r in prima linea è da considerarsi farmaco ‘non di prima scelta’.
- Si raccomanda lo screening per la malattia da fegato grasso non alcolica, specialmente nelle persone con sindrome metabolica.
- Si eliminano tutti i criteri distintivi per il trapianto d’organo delle persone con HIV rispetto a quelli della popolazione generale.
- In tutti i fumatori e negli over 40 si esorta allo screening per malattie croniche polmonari.
- La vaccinazione HPV è raccomandata per tutte le persone con HIV con meno di 26 anni e per tutti gli MSM fino all’età di 40 anni.
Le Linee Guida europee sono disponibili al seguente link: http://www.eacsociety.org/guidelines/eacs-guidelines/eacs-guidelines.html