C’è una persistente divisione tra i paesi ricchi, e non è stato possibile nasconderla tanto nel «piano d’azione» sul commercio approvato ieri dal G8 quanto nel «piano d’azione» sulla salute: la questione dell’accesso alle medicine da parte dei paesi poveri. Entrambi i piani dicono soltanto che sarà necessaria «una soluzione multilaterale» nel quadro del Wto (Organizzazione mondiale del commercio), come del resto era già stato promesso al vertice di Doha nel novembre 2001, che dovrebbe essere presa prima del vertice del Wto che si terrà a Cancun (Messico) dal 10 al 14 settembre prossimo. In sostanza, l’accordo, come ha spiegato la portavoce di Jacques Chirac, Catherine Colonna, è che «ad un certo punto bisognerà mettersi d’accordo». Le Ong ieri hanno protestato. Per Médecins sans frontières, è inutile un altro vertice «con promesse vuote»: «Le vite di milioni di persone non sono usa e getta». Per ActionAid Nigeria, le cifre sbandierate in questi giorni a Evian – il pacchetto-bidone di 15 miliardi di dollari di carità di Bush, il miliardo di dollari l’anno dell’Ue – nascondono le pressioni del mondo ricco su quello povero, costretto, in cambio di queste promesse, ad accettare il sistema dei brevetti e, da parte degli Usa, anche gli Ogm, a causa di un incomprensibile sistema di do ut des. Oxfam esprime il timore che l’Africa divenga esclusa dalle preoccupazioni della comunità internazionale. I «piani d’azione», su pressione dell’ospite francese, evidenziano però che molti paesi hanno deciso di instaurare una moratoria sulla contestazione al Wto della decisione di esportare prodotti farmaceutici «generici», quindi a prezzo più basso, da parte di paesi che fabbricano su licenza.
Ogni anno, le malattie infettive uccidono nel mondo 19 milioni di persone, il 97% delle quali nei paesi poveri (4 milioni di morti solo per l’aids, 2,3 dei quali in Africa). Ma i malati dei paesi poveri sono doppiamente penalizzati : se contraggono una malattia tropicale, non trovano da curarsi perché la ricerca medica non si interessa alle malattie che colpiscono soprattutto chi non può pagare (85% degli investimenti nella ricerca farmaceutica si interessano a malattie che colpiscono i paesi ricchi, meno del 5% vanno alla ricerca su malattie diffuse nei paesi poveri), mentre se si ammalano di aids, per esempio, non possono pagare le medicine esistenti, perché troppo care. Le vendite di medicinali nel mondo equivalgono a 400,6 miliardi di dollari, il 53% realizzate in America del nord, il 23% in Europa, il 13% in Giappone, mentre il resto del mondo (cioè Asia, America latina, Africa, cioè i quattro-quinti della popolazione della terra) non pesa che per l’11%.
19mila persone muoiono ogni giorno a causa di pandemie, ma le case farmaceutiche si preoccupano di conservare i diritti della «proprietà intellettuale», cioè i brevetti. Il documento di Evian prende atto della moratoria in atto sulle denunce al Wto di vendite «illegali» di prodotti «generici» prodotti su licenza da case farmaceutiche di paesi emergenti. Questa moratoria è la conseguenza di un atto di forza non riuscito da parte di 39 case farmaceutiche, che avevano denunciato il governo sudafricano, reo di aver fatto passare una legge che autorizzava il paese a produrre dei medicinali generici, cioè senza pagare la licenza. Il Brasile ha seguito questo esempio e le case farmaceutiche hanno dovuto fare marcia indietro. Gli Usa, però, restano fermi sulla loro posizione: la ricerca costa, quindi i medicinali devono essere cari (stanno facendo pressione sugli europei perché ne aumentino il prezzo, dando così un altro colpo alle finanze dei sistemi pubblici di assicurazione-malattia). A luglio a Parigi ci sarà una Conferenza internazionale sulla cooperazione in materia sanitaria