Il mondo scientifico ed industriale americano continua a rappresentare la punta piu’ avanzata della ricerca e della sperimentazione biotecnologica, lasciando a distanza l’Europa che non riesce a produrre brevetti in grado di contrastare sul mercato dei farmaci il gigante Usa.Il quadro arriva dai dati del Monitor Biomedico 2003, presentati oggi. Nel 2002 sono stati contati 371 medicinali in sviluppo presso 144 compagnie americane ed il National Health Institute, per la cura di circa 200 malattie. E’ soprattutto il cancro, con 178 farmaci (41,9%), a rappresentare il bersaglio privilegiato dell’attivita’ sperimentale, seguito dalle malattie infettive con 47 farmaci (11,1%), dalle malattie autoimmunitarie con 26 farmaci (6,1%), dalle malattie neurologiche con 22 farmaci (5,2%), e dall’Aids/Hiv e disturbi correlati con 21 farmaci (4,9%). Sono poi presenti 19 farmaci per le malattie respiratorie (4,5%), 17 farmaci per le malattie dall’apparato digerente
(4,0%), 15 farmaci per la malattie cardiovascolari e della pelle (3,5%), 10 farmaci per le malattie genetiche ed il diabete (2,4%), 6 farmaci per i trapianti (1,4%), 4 farmaci per le malattie della crescita (1,0%) e 2 per infertilita’ e malattie
dell’apparato visivo (0,5%). La ricerca italiana ha pero’ dato all’innovazione biotecnologica un contributo rilevante. In particolare si possono segnalare alcuni punti di eccellenza in Italia nei campi della terapia genica, della immunologia, delle cellule staminali, dello studio e produzione di vaccini, nel settore di studio dei genomici e proteomici e dei tumori e nei 42 progetti
integrati europei sui tumori del VI Programma Quadro, di cui 6, pari al 14%, sono coordinati da scienziati italiani. Negli ultimi tre anni vi e’ stata una crescita del numero di imprese biotecnologiche in Europa, con un contributo significativo di Germania, Regno Unito e Francia, dove l’incremento è stato rispettivamente del 32%, 26% e 38%. Sebbene nello stesso periodo in Italia la crescita delle imprese biotecnologiche sia stata del 41%, la posizione dell’industria biotecnologica in Italia e’ ancora debole: solo poche sono le
imprese biotecnologiche quotate in borsa, pari al 2,9% delle piccole e medie imprese (Pmi) quotate in Europa. Inoltre solo il 40% è impegnato nel settore della salute, mentre il 30% si occupa di strumentazione. Infine il 29% delle piccole e medie imprese biotecnologiche in Italia e’ formato da start up, imprese nelle prime fasi di vita, che necessitano, quindi, di ulteriore rafforzamento e stabilizzazione. Queste aziende biotecnologiche italiane costituiscono solo il 3% delle europee. Tuttavia se si includono le divisioni biotech
delle grandi imprese multinazionali, il settore appare piu’ consistente: gli addetti presenti in Italia rappresentano circa il 14% degli addetti europei. L’Europa, pur essendo in testa nella produzione scientifica in biotecnologie, come dimostra il numero di pubblicazioni scientifiche nelle biotecnologie nel periodo 1994-99, e’ indietro nella produzione di brevetti, anche in presenza di Paesi europei che dimostrano in questo settore buone performance. La quota di brevetti ottenuti da soggetti europei presso l’ufficio brevetti statunitense (Uspto) e’ ancora ridotta: 18,7% nel 2000 rispetto al 65,5% di soggetti statunitensi; mentre il numero di brevetti in biotecnologie
ottenuti presso l’Ufficio brevetti americano (Uspto) e’ cresciuto in dieci anni, tra 1990 e 2000, del 15% all’anno, la crescita presso l’Ufficio Europeo, dove peraltro piu’ della meta’ delle domande e’ di origine statunitense, e’ stata del 10,5%.