Le promesse non sono state mantenute. O almeno solo a metà. Concepito e battezzato dai grandi della terra nel 2001, durante il G8 di Genova, il «Global fund» – una sorta di salvadanaio dei Paesi più ricchi per pagare cure e assistenza a quelli più poveri – rischia di restare mezzo vuoto.Dal giorno della sua nascita il Fondo – che intende, innanzitutto, disinnescare l’Aids, a tutt’oggi la più pericolosa “arma di distruzione di massa” con 3 milioni di vittime solo l’anno scorso – ha raccolto poco più di 2 miliardi di dollari. A questi fondi (donati da Governi, fondazioni e privati) si dovrebbero aggiungere altri tre miliardi nei prossimi anni. Una cifra piuttosto deludente se si pensa che le Nazioni Unite avevano sperato in un budget da 8-10 miliardi di dollari l’anno, la somma necessaria per garantire concrete speranze a milioni di malati.
Le buone intenzioni sono, dunque, rimaste tali, con qualche eccezione: l’Italia, ad esempio, è il Paese finora più generoso, dopo gli Usa, con oltre 200 milioni già stanziati (altrettanti sono in arrivo). Mentre l’Olanda o il Canada hanno sborsato solo 50 milioni, la metà di quanto ha messo a disposizione la Fondazione creata da Bill Gates.
Bush ha, però, annunciato da poco un maxi-piano di aiuti a stelle e strisce da 15 miliardi di dollari in cinque anni, ma anche un dimezzamento per il 2005 degli stanziamenti al Global fund. Un’iniziativa, questa, che ha sollevato diverse critiche perché giudicata quasi come una sconfessione del Fondo. «Se si vuole fermare questa strage – spiega Enrico Davoli, direttore di Medici senza frontiere Italia, una delle Ong più impegnate – bisogna garantire risorse sufficienti al Global fund che è uno strumento multilaterale e trasparente. I Governi preferiscono, invece, i programmi bilaterali pensati più che altro per sostenere le proprie aziende coinvolte negli aiuti».
Le vittime e i nuovi casi di infezione da Hiv hanno raggiunto picchi senza precedenti nel 2003, e la cifra è destinata ad aumentare ulteriormente a causa dell’espansione del virus in Asia centrale ed Europa dell’Est. Le ultimissime stime globali delle Nazioni Unite – aggiornate a dicembre 2003 – mostrano che circa 40 milioni di persone nel mondo vivono con l’Hiv. Di questi, circa 2,5 milioni hanno meno di 15 anni.
Solo nel 2003 hanno contratto l’infezione circa 5 milioni di persone, e, sempre nello stesso anno, ne sono morti oltre tre milioni. La morsa della malattia si fa sentire particolarmente in Africa – dove si contano 26,6 milioni di sieropositivi – e colpisce in maniera crescente le donne.
Garantire a prezzi bassissimi gli indispensabili e finora quasi inaccessibili farmaci antiretrovirali ai milioni di malati di Aids che vivono in gran parte nei Paesi del Terzo mondo. È questo, forse, il principale banco di prova che Paesi, organismi internazionali – a cominciare dallo stesso Global fund – e Ong stanno affrontando in questi ultimi anni senza essere giunti, ancora, a una svolta.
Finora l’atteso accordo del Wto dello scorso 30 agosto che doveva aprire le porte ai più economici farmaci generici (le copie dei farmaci sotto brevetto) da autoprodurre o importare nei Paesi più colpiti è rimasto praticamente lettera morta.
Un nulla di fatto che ha scatenato le reazioni anche del Vaticano che nei giorni scorsi ha chiesto alle aziende farmaceutiche di abbassare i prezzi dei farmaci anti-Aids. «Serve subito un monitoraggio sugli effetti dell’accordo sui farmaci salvavita del Wto, con eventuali ipotesi migliorative», ha annunciato Adolfo Urso, ministro delegato del Commercio estero e uno dei protagonisti di quell’accordo.