La Commissione europea sta decidendo del futuro della sanità, dell’istruzione e degli altri servizi essenziali rifiutandosi di informare o consultare il parlamento di Strasburgo e dei singoli paesi membri.
II negoziati avviati a Doha, sono i più grandi della storia, ancor maggiori di quell’Uruguay Round che portò alla nascita dell’Organizzazione mondiale del commercio. Nell’ambiziosa agenda di Doha spicca, pur avendo meritato poco spazio nella dichiarazione ministeriale redatta nel novembre 2001, il commercio dei servizi, che vede l’Unione europea aggressivamente impegnata nel tentativo di liberalizzare il maggior numero possibile dei 160 settori previsti dalla classificazione Wto. Si tratta di un universo che comprende servizi pubblici come gli acquedotti, l’energia elettrica, la cultura, i trasporti e, soprattutto, la sanità e l’istruzione, i due grandi bastioni da conquistare, con il loro ricco bottino (3.500 miliardi di dollari è la spesa annuale mondiale nella sanità, mentre quella relativa all’istruzione è valutata in 2.000 miliardi di dollari). Il commercio dei servizi in sede Wto è regolato dall’accordo Gats (General Agreement of Trade in Service); e se i negoziati attualmente in corso per il suo rinnovo, non cambieranno direzione, in futuro saranno le multinazionali a gestire ospedali, università, acquedotti, trasporti e servizi postali, cioè saranno imprese il cui obiettivo è fare profitti, non certo garantire, tanto per fare un esempio, un accesso universale all’acqua. L’Accordo generale sul commercio dei servizi è considerato uno dei più importanti accordi del Wto. Si tratta in effetti del primo e unico accordo multilaterale che regola la liberalizzazione degli scambi di servizi su scala mondiale, un accordo strategico visto il ruolo che il settore terziario gioca nelle economie avanzate.
I servizi rappresentano, infatti, il settore più importante e a più rapida crescita, fornendo circa il 60% del prodotto globale e assorbendo una ancor più larga quota di forza lavoro. Per l’Unione europea, il settore è estremamente rilevante poiché col 24% degli scambi mondiali di servizi, l’Ue è il primo esportatore ed importatore mondiale (1). Il Gats ha una struttura molto originale rispetto agli altri accordi Wto ed apparentemente si tratta di un accordo più flessibile rispetto agli altri. Il Gats firmato nel 1994 rappresenta in effetti più che un accordo, un framework per un avanzamento graduale ma inesorabile del processo di liberalizzazione. Questo significa che l’obiettivo degli attuali negoziati è la cancellazione delle limitazioni di accesso specificate nei singoli settori durante l’Uruguay Round e l’incremento del numero di settori aperti al free trade. Perché il Gats è così temibile? Essenzialmente per tre ragioni: Per la natura dei servizi: come già accennato, i servizi non sono merci, o per dirla con un termine anglosassone, non sono commodities; non si può lasciare che sia il mercato a stabilire il loro «giusto prezzo». Se affidiamo servizi come la sanità, l’istruzione, la fornitura di energia elettrica, le fognature e l’acqua potabile alle imprese che cosa ci stanno a fare i governi nazionali ? Solo per mantenere l’ordine pubblico ? magari proprio per «gestire» le reazioni popolari alle drastiche manovre economiche? Per l’inclusione degli investimenti esteri: Il Gats, costituisce anche un accordo per la liberalizzazione degli investimenti diretti esteri poiché stabilisce il diritto di presenza commerciale per qualsiasi impresa. Presenza commerciale significa che qualsiasi multinazionale ha il diritto di aprire una propria filiale in un paese estero e che i governi hanno il dovere di non ostacolarla attraverso leggi o regolamenti limitativi. Per la giurisdizione sui regolamenti nazionali: il commercio dei servizi non ha a che fare con dazi doganali e quote o percentuali tariffarie, nel commercio dei servizi le barriere sono costituite dalle leggi interne dei vari paesi, leggi che possono stabilire un limite nel numero di gestori telefonici, tanto per fare un esempio, o nell’obbligo di dare la precedenza a lavoratori nazionali o a rispettare vincoli paesaggistici e ambientali. È la cancellazione di queste leggi l’obiettivo del Gats ed è per questo che è vergognoso che neppure i parlamentari (sia europei che nazionali) siano tenuti al corrente dei negoziati in corso. Il coinvolgimento delle multinazionali La Commissione Europea, fin dall’inizio riconobbe che il Gats era soprattutto un beneficio per il mondo imprenditoriale (2). Che altro poteva dire, visto che a stabilire la necessità dell’accordo e a negoziarlo erano stati proprio gli imprenditori? L’idea del Gats balenò nella mente di alcuni finanzieri di New York, come Harry Freeman dell’American Express, John Reed di Citicorp e Hank Greenberg di Aig che nel 1981 decisero di costituire una coalizione per influenzare la politica americana, dando vita alla Csi, la Coalition of Service Industries. Il loro primo obiettivo era quello di penetrare nei mercati del Sud Est asiatico e per farlo occorreva superare la barriera rappresentata non da tariffe, ma da leggi e regolamenti nazionali. L’inclusione dei servizi nelle competenze del Gatt/Wto parve loro la strada migliore per raggiungere l’obiettivo. (3) Questi sforzi non rimasero isolati perché anche sull’altra sponda dell’Atlantico, iniziarono a muoversi le acque. In Gran Bretagna negli anni ’80 vide la luce il Comitato Lotis (Liberalisation of Trade in Services) che vedeva riuniti una quindicina di rappresentanti del settore privato e rappresentanti del ministero del tesoro, del dipartimento del commercio e dell’industria, del Commonwealth Office, della Banca d’Inghilterra e della Fsa (Financial Services Authority). Gli incontri avvenivano ogni 2/3 mesi e permettevano uno scambio regolare di documenti e la discussione di proposte e strategie. Quando l’Uruguay Round terminò nel 1993, nella montagna di pagine che componevano il testo degli accordi firmati, spiccava il General Agreement on Trade in Services (Gats); come commentava due anni dopo uno studio statunitense: «Una limitata coalizione era abilmente riuscita ad influenzare il sistema decisionale del Governo Americano e contribuito a stabilire delle regole commerciali globali» (4). Ma il Gats era solo l’inizio e i vari gruppi di pressione non erano ancora soddisfatti del risultato raggiunto. Nell’estate del 1996 la fervida fantasia di Andrew Buxton ( presidente della Barclays Bank e dell’associazione Bancaria Inglese), insieme a Ken Whipple (Ford Finanacial Services) mise insieme il Financial Leaders Group (Flg), una lobby transatlantica che mirava a concludere un accordo specifico per i servizi finanziari. «Il Financial Leaders Group non solo concordò gli obiettivi da raggiungere con i negoziati, e quali paesi chiave da cui ottenere concessioni, ma anche le esatte barriere da rimuovere». Così disse Bob Vastine, presidente della Csi. Il ruolo decisivo dell’Flg durante i negoziati per i servizi finanziari, terminati nel 1997, venne pubblicamente lodato da Sir Leon Brittan, a quel tempo Commissario Europeo al Commercio, tanto che dopo la conclusione del negoziato invitò Buxton a creare un analogo europeo al Csi che si dedicasse alle imminenti trattative del Gats 2000: fu cosi’ che nel 1998 nacque l’Esf, l’European Services Forum, partner affiatato, suggeritore e consigliere della Direzione generale per il commercio della Commissione europea. La situazione attuale dei negoziati Dopo lo scambio delle rispettive richieste di liberalizzazione, i Paesi membri del Wto sono attualmente impegnati nella redazione dei documenti contenenti l’elenco dei settori che sono disposti ad offrire sul tavolo dei negoziati. Offerte negoziali che dovranno essere pronte per il 31 marzo 2003. La preparazione delle richieste è avvenuta in maniera assolutamente riservata vedendo coinvolti solamente i gruppi di pressione imprenditoriali (le lobby) mentre associazioni, sindacati, parlamentari e cittadini sono rimasti all’oscuro di quanto accadeva. Quando nel maggio 2002 una ong olandese (Corporate Europe Observatory, Ceo) ha reso pubblici 29 documenti contenenti le richieste dell’Ue verso altrettanti Paesi membri del Wto è apparso chiaro che l’aggettivo «sviluppante», coniato da Pascal Lamy per caratterizzare l’agenda dei negoziati di Doha era assolutamente inopportuno viste le richieste rivolte a paesi come l’Indonesia, la Colombia e le Filippine. L’Ue ha presentato le proprie richieste a ben 109 Paesi: acqua, telecomunicazioni, energia, agenzie di stampa e banche sono fra i settori che ha chiesto agli altri Paesi di liberalizzare; eliminando tutte quelle condizioni regolamentative che i Paesi avevano prudentemente scelto di porre in essere all’atto della firma del Gats. L’Ue aveva pianificato di mantenere un segreto assoluto su questi documenti, anche dopo l’approvazione da parte del comitato 1335. Pierre Defraigne, capo di Gabinetto di Pascal Lamy era stato molto chiaro, alcune settimane dopo lo scoop di Ceo, riaffermando che le liste contenenti le richieste «non possono e non saranno rese pubbliche», eccetto ovviamente che verso l’European Services Forum. I rischi per i servizi pubblici Una delle maggiori preoccupazioni relative al Gats è la questione dei servizi pubblici, cioè di quei servizi essenziali la cui fornitura è condizione necessaria per un’esistenza dignitosa. Il segretariato Wto ha sempre negato che l’accordo coinvolgesse questi settori, citando sempre l’articolo I, sezione 3, che dichiara l’esclusione dei servizi forniti nell’esercizio dell’autorità governativa, cioè servizi non forniti su base commerciale né in competizione con altri fornitori (privati); purtroppo si tratta di una definizione che più che rassicurare, alimenta dubbi crescenti. Il Gats infatti, non da alcuna definizione di cosa significhi servizio fornito su base commerciale, né il termine competizione viene esplicitato. Ormai sono pochissimi i servizi pubblici che non vedano la concorrenza di un fornitore privato, sicuramente non lo sono le scuole e gli ospedali! I vari governi europei continuano a ribadire che l’articolo I.3 mette al riparo dal Gats i servizi pubblici, ma in realtà sono ben consci di mentire, tant’è che prendendosi la briga di analizzare il testo del Gats si scopre che nel ’94 inserirono nella lista degli impegni sottoscritti una specifica esenzione per tutti i servizi pubblici, compresi quelli gestiti in regime di monopolio o con diritti esclusivi affidati ad un operatore privato. Solo per questo i nostri servizi non sono stati influenzati dalle norme del Gats. Guarda caso, questa esenzione è una di quelle che alcuni paesi hanno recentemente chiesto all’Ue di eliminare [fonte Ministero Commercio Estero inglese], anche se Pascal Lamy ha ovviamente tralasciato di ammetterlo. Se cadrà questa barriera per le nostre amministrazioni nazionali e locali non ci sarà più alcuna sovranità da esercitare. Sarà la disciplina stabilita dal Gats a regolare (si fa per dire) la corsa delle multinazionali per accaparrarsi la maggior fetta possibile del mercato delle public utilities. Certo, qualcuno potrebbe sollevare l’obiezione che la liberalizzazione dei mercati è nell’agenda politica del nostro governo e delle nostre amministrazioni da tempo. Perché preoccuparsi del Wto ? Innanzitutto perché le normative nazionali possono prevedere molte clausole per limitare gli effetti negativi sui cittadini; inoltre si tratta di leggi che si possono sempre cambiare, al mutare del consenso politico delle forze al governo. Le regole Wto invece sono praticamente irreversibili, perché è ammessa una sola direzione di marcia: quella verso il libero mercato. Un altro aspetto estremamente grave è che le misure previste dal Gats non si applicano solo alle decisioni di livello nazionale ma a tutte le misure prese da «autorità centrali, regionali o locali e da organismi non-governativi nell’esercizio dei poteri delegati da autorità centrali, regionali e locali». Questo significa che anche i regolamenti che un ente locale stabilisce, per garantire servizi di qualità riguardo a mense scolastiche, acquedotti, eccetera, rientrano nella giurisdizione del Gats. Conquiste non negoziabili Quando leggerete queste righe, la fase di definizione delle offerte negoziali starà volgendo al termine. È di vitale importanza che il nostro parlamento e tutti i parlamenti dei paesi dell’Unione, discutano il mandato conferito al Commissario al commercio Pascal Lamy. È vitale che tutti prendano coscienza delle pesanti conseguenze di un ampliamento del Gats. I governi perderanno molto del loro potere, lo perderanno regioni, province e comuni; e sarà una perdita praticamente irreversibile. I servizi pubblici sono fondamentali nelle nostre società; hanno condotto i cittadini europei a condizioni di benessere diffuso che le politiche neoliberiste degli ultimi anni stanno sgretolando progressivamente. L’accesso universale a prezzi accessibili alla scuola, ai servizi sanitari, all’acqua, ai trasporti e alle fonti energetiche costituiscono una conquista non negoziabile se vogliamo un mondo in cui tutti abbiano una opportunità di vita dignitosa e in cui ci siano condizioni di equità, indispensabili a quella sicurezza sociale che infonde speranza in un futuro di pace. Per questo chiediamo che la linea negoziale che Pascal Lamy sta portando avanti vada radicalmente modificata.