Il dilemma affligge molti genitori. Vaccinare o no i bambini contro l’influenza? Mai come quest’anno, complice la Sars, la questione ha sollevato vivaci dibattiti senza però giungere a una soluzione definitiva. Negli ultimi giorni si sono susseguiti l’appello di alcuni pediatri alla vaccinazione di massa e la marcia indietro del Ministero della Salute, lasciando i genitori e in generale l’opinione pubblica piuttosto sconcertati. Abbiamo chiesto chiarimenti a Giorgio Bartolozzi, pediatra ed ex direttore della clinica pediatrica dell’Università di Firenze, chiamato a intervenire proprio su questo argomento al XV° Congresso dell’Associazione Culturale Pediatri, che si è tenuto dal 10 al 12 ottobre a Varese.
L’Istituto Superiore di Sanità continua a raccomandarlo solo alle categorie a rischio. Eppure c’è chi sostiene che il vaccino antinfluenzale vada esteso a tutti i bambini al di sotto dei 5 anni. E’ giustificato questo atteggiamento?
“Effettivamente quella da 0 a 5 anni è la fascia d’età più colpita dal virus. Lo dicono le statistiche americane, a cui anche noi dobbiamo far riferimento in mancanza di dati che riguardano il nostro paese. Detto questo però una campagna di vaccinazione lanciata così all’improvviso è del tutto ingiustificata”.
Nessuna emergenza per l’epidemia influenzale, quindi. Neanche in seguito alla Sars?
“Il vaccino non solo non serve a prevenire la Sars, ma non serve neanche a discriminare per rendere più semplice l’eventuale diagnosi del contagio. Infatti il vaccino per l’influenza ha un’efficacia pari al 70 per cento. Quindi la presenza di febbre alta non è indicativa di Sars, potrebbe trattarsi comunque di influenza. Inoltre bisogna ricordare che il vaccino non può essere somministrato nei primi sei mesi di vita. Mentre sono proprio i neonati a determinare il maggior numero di ricoveri”.
Esistono alternative al vaccino antinfluenzale?
“Ci sono due farmaci che oltre a una funzione preventiva hanno anche efficacia terapeutica. Ma il primo, che si può trovare in farmacia, non è indicato per bambini al di sotto dei 12 anni, mentre l’altro non è in commercio in Italia. Negli Stati Uniti, invece, è diffuso un vaccino che si somministra per via nasale, ma non prima dei 5 anni di età. Da noi si sta cercando di ottenere un prodotto simile adatto a tutti i bambini, anche di età inferiore. Così si risolverebbero i molti problemi dovuti a una vaccinazione su larga scala, come quella auspicata di recente”.
Quali inconvenienti deriverebbero dalla vaccinazione di tutti i bambini?
“Innanzitutto non ci sono dosi di vaccino sufficienti a soddisfare una richiesta del genere. Ne erano previste otto milioni, ma se calcoliamo quelle necessarie per la vaccinazione di tutti i bambini, il numero raddoppia. Poi si deve tener conto del sovraccarico di lavoro che si pretenderebbe dai centri autorizzati e dai pediatri già impegnati in altre vaccinazioni, tra l’altro molto più importanti e urgenti, come quelle per morbillo e rosolia”.
Che però non rientrano nelle vaccinazioni obbligatorie. Come mai?
“Negli Stati Uniti come in Finlandia il morbillo è stato completamente debellato. Gli unici casi che si sono verificati l’anno scorso nei due paesi, 70 negli Stati Uniti, sono stati importati. E alcuni di questi proprio dall’Italia. Eppure non vi è alcun obbligo di vaccinarsi. Lì hanno funzionato le campagne di sensibilizzazione che hanno portato ad una copertura dalla malattia del 95 per cento”.
E da noi invece?
“L’anno scorso ci sono stati 30.000 casi di morbillo e sette decessi e la copertura arriva al massimo all’80 per cento con differenze consistenti da regione a regione. Su questo abbiamo i dati dell’indagine ICONA. La situazione però è migliorata rispetto a quattro anni fa quando la copertura era del 50 per cento. L’altra malattia per cui è raccomandata la vaccinazione è la rosolia che può causare danni gravissimi al feto se contratta durante la gravidanza. In Italia si registrano ancora circa 100 casi all’anno di rosolia congenita contro i due degli Stati Uniti”.
Come mai allora ci sono ancora resistenze alla vaccinazione di queste malattie? Si temono effetti collaterali?
“Negli ultimi anni le tecniche di preparazione dei vaccini sono molto migliorate. Conseguenze gravi dovute a effetti collaterali si presentano solo in casi rarissimi, dell’ordine di uno su milioni. È ovvio che per chi le subisce si tratta di eventi drammatici, ma i vantaggi per la collettività sono comunque indiscutibili”.