Sulla questione dei preti omosessuali la chiesa anglicana prende tempo, ma rischia lo scisma. Il problema gay spacca il summit. Una commissione ci lavorerà un anno, ma la rottura ormai è certa.Il vertice dei vescovi, a Londra, è terminato ieri con un rinvio, dopo due giorni di discussioni. Sarà una commissione di saggi a esaminare a fondo il problema dal punto di vista teologico, biblico e legale e a proporre vie d’uscita, entro dodici mesi. Un tempo che potrebbe sembrare sufficiente per trovare un compromesso, ma che invece è brevissimo se si pensa alla distanza di posizioni emersa dall’incontro e alla determinazione della chiesa americana di proseguire per la sua strada. Il vertice ha avuto almeno il merito di delineare con evidenza i gli schieramenti in campo: parte delle comunità anglicane di America, Europa, Australia sono favorevoli al ministero dei preti omosessuali, e a eleggere e consacrare vescovi gay (e dunque anche Primati, cioè leader delle chiese nazionali). L’omosessualità – sostengono – non è un fattore che influisce sulle qualità pastorali, unici parametri su cui giudicare l’adeguatezza di un vescovo. Non rappresenta un problema soprattutto se il vescovo resta casto, condizione questa che può essergli richiesta per poter esercitare il suo ministero. In America, nella diocesi del New Hampshire, sono già molto avanti su questa strada: Gene Robinson, un prete notoriamente gay, è stato nominato vescovo e fra due settimane (il 2 novembre) si aspetta la sua definitiva consacrazione che significherebbe il suo insediamento e l’inizio concreto del lavoro. E’ stato questo l’episodio che ha scoperchiato un vaso di Pandora già contenente la questione dell’accettazione dei pastori omosessuali.
La data del 2 novembre potrebbe annunciare giorni bui per la chiesa anglicana, dato che se il procedimento andasse avanti, sarebbero molte le comunità a distaccarsi dalla «comunione»: l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams – di fatto il capo della chiesa anglicana – ha paventato un un vero e proprio scisma. In bilico fra fedeltà alla tradizione e apertura ai tempi moderni, Williams ha cercato di una difficile mediazione, ma sull’altro fronte le chiese anglicane del sud del mondo, in particolare in Africa – dove il l’evangelizzazione è in forte crescita contro una certa stagnazione nei paesi ricchi – si sono opposte con forza ad una nomina che ritengono contraria alla tradizione biblica.
E così, a margine del vertice, i 37 vescovi hanno firmato un comunicato che rifiuta la mossa unilaterale della chiesa d’oltreoceano, chiede un ripensamento e ripone la questione nelle mani della commissione ad hoc che si incaricherà di studiare tutte le sfaccettature di un problema «non più rinviabile», come ha detto una rappresentante della comunità australiana, dove gli omosessuali possono essere ufficialmente ammessi al sacerdozio.
Dal canto loro gli americani, prendendo atto della posizione dei Primati riuniti a Londra, hanno ricordato una risoluzione della comunione anglicana che già dal 1998 riconosceva gli omosessuali come «membri a pieno titolo del corpo di Cristo» e quindi non escludibili da nessun ministero, neanche da quello vescovile.
Invitando i leader ad affrontare con maggiore serietà competenza e attenzione le tematiche inerenti il sesso nella chiesa, la diocesi del New Hampshire ribadisce di aver seguito, nell’elezione del suo vescovo, un processo guidato dallo spirito santo, e che «il suo orientamento sessuale prescinde dalla chiamata al servizio pastorale della comunità».
E se la comunità protestante si ritrova divorata da problematiche morali, anche sul versante cattolico il nodo della sessualità crea scompiglio: ieri un nutrito gruppo di vescovi cattolici presenti in Vaticano per festeggiare il papa hanno diffuso un documento di fuoco contro la Bbc, emittente nazionale indipendente britannica che nei giorni scorsi ha mandato inonda un’inchiesta dal titolo La Santa sede e il sesso. Il servizio accusava la chiesa cattolica di causare – con la sua battaglia contro l’uso del preservativo – numerose vittime e un allargamento del contagio dell’Aids a livello mondiale.