Quali conseguenze avrà l’attribuzione esclusiva alla Regioni di legiferare su assistenza e organizzazione sanitaria? La risposta è semplice: non esisterà più il servizio sanitario nazionale.Ne esisteranno invece tanti quanti sono le Regioni (per ora 21, poi si vedrà) e a fare la differenza sarà la loro ricchezza. La parola «organizzazione» non tragga in inganno. Sembra attenuare la portata della devolution, ma è fumo negli occhi. La gestione della sanità è già da un pezzo assegnata alla Regioni. Lo ha stabilito la riforma sanitaria del 1978 e la successiva, targata Bindi, ha accresciuto l’autonomia delle Regioni in materia. Lo strappo forte l’ha compiuto il governo dell’Ulivo nel 2001 modificando l’articolo 117 del Titolo V della Costituzione: lo Stato fissa i «livelli essenziali» delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti «su tutto il territorio nazionale», attribuisce status costituzionale al «fondo perequativo» tra le Regioni e lascia a queste ultime tutto il resto. Virtualmente, già quella era devolution bella e buona. Se il centrodestra ci torna sopra con accanimento è perché vuole in un futuro assai prossimo degradare i livelli garantiti da «essenziali» a «minimi» e cancellare il «fondo perequativo» a tutela delle Regioni più povere. Il passo successivo e necessario per spappolare il sistema sanitario nazionale è la realizzazione del federalismo fiscale «alla Bossi»: i soldi nostri ce li teniamo noi. Senza quella benzina, la devolution non cammina. Ma poiché la parola «organizzazione» si presta facilmente a interpretazione estensive, possono succedere disastri in tempi rapidi. Ci sarà sicuramente un’accelerazione della svendita degli ospedali pubblici ai privati (attraverso le fondazioni) e del ricorso alle assicurazioni private. Molti «governatori» del centrodestra punteranno a contratti regionali per il personale della sanità (l’obiettivo figura nel programma di Formigoni). E così le differenze salariali tra lavoratori faranno il paio con le differenze delle prestazioni per il cittadini. Una doppia rottura dell’unità nazionale. Il fondo nazionale per la sanità, su cui in queste ore i presidenti delle Regioni stanno litigando tra loro per spartirselo e con il governo per aumentarlo, dovrebbe smettere d’esistere a partire da quest’anno. Non è dato sapere dopo cosa ci sarà.