Secondo alcuni ricercatori le mutazioni rilevate nel corso delle interruzioni del trattamento (TI) contro
l’HIV sono spesso intermittenti e non sembrano influenzare la capacità dei pazienti di reprimere l’espressione virale quando vengono sottoposti
nuovamente allo stesso regime antiretrovirale che utilizzavano prima della TI.La possibilità di un’evoluzione e di una resistenza virale aveva suscitato preoccupazioni riguardo alla sicurezza delle strategie TI, osservano il dottor Luis J. Montaner e associati sul numero del 7 novembre di AIDS. Nello studio che presentano, hanno effettuato la genotipizzazione di isolati di
HIV provenienti da 11 pazienti con infezione cronica da HIV-1 nel corso di TI prolungate o sequenziali. I pazienti prendevano due inibitori nucleosidici della trascrittasi inversa più un inibitore della proteasi o un inibitore non-nucleosidico della trascrittasi inversa. Dopo un intervallo da una a quattro TI, i pazienti hanno ripreso gli stessi regimi e sono stati tutti in grado di sopprimere l’HIV. In cinque pazienti non vi erano segni di resistenza ai farmaci. Solo in un paziente, una mutazione rilevata durante la prima TI è perdurata nel corso del follow-up. In quattro pazienti, due mutazioni individuate durante la
prima TI risultavano intermittenti o completamente scomparse nelle rilevazioni successive. Le due mutazioni che sono evolute nel corso dello studio non sono perdurate dopo la ripresa della terapia. Dunque, “le mutazioni che determinano resistenza ai farmaci possono comparire e persistere [dopo TI a breve termine] solo se legate a mutazioni della fitness che si producono nel periodo senza terapia e accelerano l’espansione della popolazione virale quando la terapia viene sospesa”, scrive il gruppo del dottor Montaner. Inoltre, aggiungono, la decisione di cambiare terapia antiretrovirale dovrebbe essere guidata dalla mancanza di risoppressione virale piuttosto che dalla genotipizzazione del virus in corso di TI.