Una direttiva europea degli anni Novanta, recepita in tutti i Paesi affronta e unifica le regole in tema di informazione e pubblicità medica. Ma recentemente se ne è di nuovo discusso a Bruxelles, su iniziativa della Commissione europea.Una direttiva europea degli anni Novanta, recepita in tutti i Paesi affronta e unifica le regole in tema di informazione e pubblicità medica. Ma recentemente se ne è di nuovo discusso a Bruxelles, su iniziativa della Commissione europea. La proposta tendeva a rivedere il divieto assoluto alla pubblicità dei farmaci con ricetta. «Il ragionamento della Commissione», spiega Fabrizio Gianfrate, docente di Economia sanitaria all’università di Ferrara e vicepresidente della Fondazione SmithKline (Collaborative Centre dell’Oms, ente giuridico autonomo a cui partecipano tre ministeri, Cnr e, minoritaria, la multinazionale nel mirino dei giudici), «si basa sull’avvento di Internet che elimina i confini nazionali: in Usa, infatti, tali pubblicità sono permesse, con conseguente vantaggio per l’industria d’oltreoceano». La proposta non prevedeva pubblicità ma, sperimentalmente e per 5 anni, “per particolari esigenze di carattere sociale”, l’informazione sui farmaci che affrontano diabete, Aids e malattie respiratorie. Il Parlamento europeo ha bocciato la proposta della Commissione chiedendone una modifica nella direzione di una informazione “proposta da istituzioni pubbliche o soggetti neutrali come le società scientifiche”. «Il principio di fondo», sottolinea Gianfrate, «è la tutela del paziente; poi l’attenzione alla spesa, con il pericolo della spinta ai consumi di medicinali, come, dal ’96, è avvenuto in Usa: i prodotti più pubblicizzati hanno avuto anche il maggior incremento di vendite». Ma vediamo le regole.
PUBBLICITA’: vietata in Europa (possibile solo nelle riviste rivolte ai sanitari; autorizzata, con alcuni “paletti”, quella per i medicinali da banco; l’autorizzazione viene data dai ministeri della Sanità dei diversi paesi, in Francia esiste un meccanismo più rapido legato al silenzioassenso).
PREZZI E PRODOTTI: prezzi imposti (e più bassi) per gran parte dei farmaci in Europa. E’ ovunque il medico a prescrivere il farmaco; analoghi i foglietti informativi. In Usa esiste la figura del mediatore e un prezzo libero da contrattare con rimborsi fissi del servizio pubblico e assicurazioni. L’inchiesta di New York coinvolge medici che hanno acquistato i farmaci per i pazienti intascando la differenza tra rimborsi e sconti delle aziende.
INFORMATORI: sulla carta dovrebbero fare “informazione”. La rete di “vendita” è uguale in tutto il mondo, così il meccanismo di gadget e campioni. Il gadget non è un omaggio collegato al “do ut des” ma finalizzato al “ricordati di me..” e di piccola entità (come da norma europea): molto chiaro ad anglosassoni e tedeschi.
CONFLITTI D’INTERESSI: una questione di principio da segnalare in pubblicazioni scientifiche e sperimentazione (dopo l’ok del Comitato etico in ospedale o università). Identiche ovunque le regole per congressi e convegni (solo per specialisti). Italiani più sensibili alle mete turistiche.
«Esiste, indubbiamente, una deriva commerciale», conclude Gianfrate, «dovuta all’invecchiamento del portafoglio prodotti: cosa vuoi informare su una molecola usata da 20 anni? Esiste poi la pressione legata alla Borsa (risultati a breve) e un core business accentrato (gli altri sono solo mercato). Un autogol per l’industria: vendere i farmaci come fossero merendine, autoriduce e deteriora ruolo e valore del prodotto. Consigli? Ricominciare da serie partnership con le istituzioni, aumentare i controlli».