«O ci sei, o ti fai» E’ lo slogan che ha accompagnato la campagna di prevenzione del centro destra: nessuna distinzione tra i vari tipi di droghe e modelli di consumo. Al summit di Vienna il governo appoggerà la linea dura: «Modello unico» per tutti.
Al vertice Onu di Vienna sulle droghe narcotiche il governo italiano andrà schierato per la linea dura, per la war on drugs. Posizione coerente con la politica sulle tossicodipendenze che il centro destra propone anche in casa nostra. Una politica caratterizzata dal proibizionismo, dalla criminalizzazione del consumo di sostanze stupefacenti e dal tentativo di affossare i Sert (i servizi pubblici per le tossicodipendenze) per dirottare tutto al settore privato, in particolare nelle comunità «amiche» dell’esecutivo. Il tutto è coerente con l’idea che l’unica via «salvifica» dalla dipendenza sia quella di chiudere i ragazzi dentro le comunità – prima fra tutte a San Patrignano – lontani dagli occhi ipocriti e dal falso perbenismo. Ma quest’idea è miope e pericolosa, proprio perché propone un «modello unico» per qualsiasi soggetto, facendo di fatto tabula rasa dei vari percorsi che oggi vengono intrapresi dai consumatori: percorsi misti che vanno dai centri di accoglianza a bassa soglia ai Sert, dalle comunità di recupero alle strutture semiresidenziali. Si vuole inoltre togliere di mezzo la politica della «riduzione del danno», ovvero tutti quegli interventi su strada fatti da operatori verso i consumatori che non hanno contatti con nessuna struttura socio-sanitaria: una politica, è stato dimostrato, che oltre a salvare i ragazzi dalle overdosi, ha drasticamente ridotto le infezioni da Hiv. Mentre si avvicina l’appuntamento di Vienna, il governo ha diffuso dati trionfalistici (mezzo milione di giovani incontrati in 194 città, 30 mila contatti e centinaia di tossicodipendenti che hanno deciso di rivolgersi a comunità di recupero) sulla campagna di prevenzione O ci sei o ti fai, conclusasi il 29 marzo. Campagna che, a differenza delle precedenti, non ha coinvolto gli Enti territoriali del settore, ma ha visto il solo protagonismo delle onlus che l’hanno realizzata, San Patrignano in prima fila. Della comunità di Muccioli, lo ricordiamo – sostenitrice della linea dura perché qualsiasi mezzo è lecito per liberare le persone dalla droga – è attiva sostenitrice, in quanto socio della potente struttura riminese, il ministro dell’istruzione Letizia Moratti.Sul messaggio lanciato dalla campagna governativa sono piovute le critiche degli operatori del settore (tra queste Coordinamento nazionale comunità d’accoglienza, Federsert, cooperativa Magliana `80, fondazione Villa Maraini) e del mondo scentifico. Innanzitutto, la loro contestazione, O ci sei, o ti fai propone un modello di consumo vecchio: quello del tossico eroinomane. Mentre oggi i ragazzi usano più che altro le cosiddette nuove droghe, consumando insieme sostanze diverse. Il messaggio della campagna, aggiungono, è semplicistico, taglia il mondo con l’accetta: da una parte c’è il tossicodipendente dall’altra il bravo ragazzo, da una parte il bene dall’altra il male, le infinite sfumature di grigio che ci sono nel mezzo non esistono. E per salvare una persona dalla droga non basta certo la predica dell’amico. Dire O ci sei, o ti fai , inoltre, significa dire che chi usa sostanze stupefacenti è fuori, è cittadino di serie B, non è umano. Nel sito ufficiale della campagna, infine, tra le sostanze psicotrope non sono citati né l’alcool, né le anfetamine, o gli psicofarmaci e la ketamina. Ma a fronte di queste assenze viene inserito il metadone, definito come sostanza che ha effetti «simili all’eroina» e che, se utilizzato «in dosi massicce e per lunghi periodi», produce «gli stessi danni dell’eroina e una dipendenza maggiore». Eppure, come spiega Edoardo Polidori, del direttivo nazionale di Federsert, «il farmaco metadone può vantare in suo sostegno una così ampia documentazione scientifica, che non ha pari con nessun altro medicinale».Oltre alla conferenza ufficiale, a Vienna ci sarà il controconvegno degli antiproibizionisti, dei Sert, delle onlus e delle cooperative che lavorano da anni contro l’abuso di stupefacenti. Finita la conferenza però, agli operatori rimarrà l’incertezza per il proprio lavoro. Ancora non si sa, infatti, se l’anno prossimo i progetti contro le tossicodipendenze saranno finanziati da un generico fondo sociale, o da un fondo del ministero della sanità, tantomeno si conosce quali progetti saranno rifinanziati e quali no.