I risultati del vaccino testato dalla scorsa estate su dodici volontari a Londra e dodici a Losanna sono incoraggianti. Il prodotto è ben tollerato e suscita una risposta immunitaria in circa la metà dei casi. Giuseppe Pantaleo, capo del Servizio di immunologia e allergia del CHUV (centro ospedaliero universitario vodese), responsabile delle sperimentazioni cliniche del vaccino è ottimista. «Siamo molto soddisfatti dei dati ottenuti, anche se si tratta di uno studio preliminare con un numero limitato di volontari», ha affermato il professore italiano. La sostanza iniettata ai volontari è un “candidato vaccino” che però non contiene il virus Hiv, ma solo alcune sue parti sintetizzate in laboratorio ed assolutamente non in grado di riprodursi. Apprezzabile è soprattutto il fatto che quasi la metà delle persone abbia reagito al vaccino, che è riuscito a stimolare l’attività di cellule in grado di eliminare le unità biologiche infettate dal virus dell’Aids. Un vaccino dunque potenzialmente in grado di prevenire, ma anche curare la malattia. Molto limitate anche le reazioni nefaste, come le gravi allergie. Ma ci vorranno ancora molti altri test, con sempre più volontari, prima che si arrivi ad un vaccino utilizzabile su vasta scala.
La prima fase di test si è svolta in contemporanea a Losanna e a Londra, con dodici volontari in ogni città. La seconda fase, che prenderà il via nel corso dell’estate, sarà cruciale. Da agosto un secondo studio clinico inizierà sempre nelle due città con un totale di 40 volontari. «Ciò ci consentirà di avere dati statistici più chiari e solidi», ha indicato Pantaleo. In questa seconda fase, il vaccino verrà combinato ad un altro prodotto immunizzante finora mai testato sull’uomo: ciò dovrebbe far sì che nell’80-90 per cento dei casi si assista a una risposta immunitaria, ha spiegato il professore.
In caso di successo, test su larga scala (su 300-400 volontari) verranno condotti a partire dalla metà del 2005. Ed è pensabile che test su campioni ancora più vasti della popolazione vengano attuati in futuro in Asia, dove si conta più della metà dei casi di Aids a livello mondiale.
Il vaccino – denominato NYVAC-HIV C – è nato da una collaborazione a livello europeo ed è stato sviluppato sotto l’egida del consorzio EuroVac, finanziato da un programma di ricerca dell’Unione europea. Nel consorzio sono associati ricercatori e medici di sette paesi, Germania, Spagna, Francia, Olanda, Gran Bretagna, Italia, Svezia e Svizzera che, con Losanna, possiede uno dei centri di riferimento in materia di ricerche sull’Aids. L’impegno maggiore in questo consorzio è quello della francese di Aventis Pasteur, e i finanziamenti provengono dai programmi di ricerca dell’Unione europea, i mezzi messi a disposizione sembrano essere sufficienti, anche se «non sono assolutamente comparabili a quelli che vengono messi a disposizione negli Stati uniti». «Il problema principale delle risorse in Europa è che non sono garantite a lungo termine. Per portare un vaccino dal laboratorio fino ad una fase di sperimentazione su larga scala ci vogliono almeno sette o otto anni e si fa fatica a capire come le istituzioni europee pensino di continuare a sovvenzionare i programmi di ricerca solo per lassi di tre anni».