“L’approccio è ancora miope, a mio avviso non si fa abbastanza. In Italia per il Giubileo avremo 38 milioni di pellegrini in un anno, bisogna effettuare un monitoraggio epidemiologico anche a livello regionale. Oggi si può cambiare continente in 12 ore, è fondamentale una maggiore attenzione”. Avvisa il Prof. Andreoni, Direttore Scientifico di SIMIT.
Le infezioni più contagiose
“Nessun allarmismo, ma da sempre nella storia dell’uomo gli spostamenti di grandi masse di persone hanno aumentato il rischio del trasferimento di infezioni da una parte all’altra del mondo”.
Il viaggio dei virus e l’arrivo di milioni di pellegrini per il Giubileo che verrà aperto da papa Francesco il 24 dicembre. Un gruppo di scienziati italiani – tra questi Massimo Ciccozzi – ha scritto una lettera a Lancet. Sotto la lente aviaria, Covid e Mpox (vaiolo della scimmie) e un obbligo: priorità alla prevenzione. Mentre negli ultimi giorni si è affacciato sulla scena mondiale il mistero della malattia in Congo, non ancora identificata. Per il Giubileo gli scienziati raccomandano massima attenzione ai controlli sanitari, a partire dagli aeroporti
- “Nessun allarmismo, quali sono i rischi”
- “Come ci dobbiamo preparare”
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- Il fattore urbanizzazione animali selvatici
“Questa è la storia delle epidemie – premette il professore-. Si è sempre verificato che gli spostamenti di grandi masse di persone abbiano aumentato il rischio del trasferimento di infezioni da una parte all’altra del mondo. Sono corsi e ricorsi storici, non c’è da fare allarmismo, ce lo possiamo aspettare. Ma bisogna essere preparati”.
Ma come ci dobbiamo preparare? “Innanzitutto con una vigilanza serrata nei punti di arrivo dei pellegrini, soprattutto il personale sanitario aeroportuale deve intercettare l’arrivo eventualmente anomalo di persone con sintomi riferibile a quadri infettivi. Devono essere loro i primi a dare l’alert. In secondo luogo, è fondamentale la preparazione dei pronto soccorso che devono essere allertati sulle sindromi infettive che possono essere maggiormente implicate negli eventi epidemici”.
Quali sono le infezioni da sorvegliare, in via prioritaria? Risponde Andreoni: “Ne metterei in cima alla lista tre:
- le sindromi respiratorie come l’aviaria – che potrebbe dare la prossima pandemia – ma anche il virus sinciziale e l’influenza stessa
- le forme gastro-intestinali
- eventuali forme esantematiche come le febbri emorragiche, penso alla Dengue”.
Il fattore urbanizzazione animali selvatici
In questo quadro, gli animali selvatici in città rappresentano un potenziale rischio? “Diciamo così – chiarisce il professore -. L’urbanizzazione degli animali è un aspetto molto interessante, oggi. Dai gabbiani ai cinghiali ai pappagalli siamo esposti sempre di più a un contatto con loro. E quindi allo spill over, ossia al passaggio dei virus da animale a uomo”.
Le notizie che arrivano dal Congo, e che hanno spinto l’Oms a inviare una task force per verificare la situazione e avviare delle analisi sulla malattia, ha colpito circa 400 persone nell’ultimo mese con un numero di vittime non ancora chiaro (si parla di oltre 140). Patologia caratterizzata da sintomi quali febbre, mal di testa, raffreddore e tosse, difficoltà respiratorie e anemia.