Un budget di quasi 304 milioni di euro e una parola d’ordine che non lascia alternative: se i finanziamenti restano risicati, in network si può provare a crescere e a vincere. Soprattutto se la posta in gioco è rappresentata dalle attività di ricerca che gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs), l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (Assr), l’Istituto superiore di Sanità (Iss), l’Istituto per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (Ispesl) e gli Istituti zooprofilattici sperimentali (Izs) mettono al servizio del ministero della Salute.
Il bilancio. Nonostante il gap che ancora separa l’Italia dagli altri Paesi europei (investiamo in R&S l’1,04% del Pil contro una una media europea dell’1,92%) il bilancio dell’attività di ricerca finanziata dal ministero della Salute nel 2002 conferma il trend di crescita avviato a partire dal 1999. Nell’ultimo triennio, infatti, il Fondo è aumentato in termini monetari del 17,7% (+2% rispetto al 2001) arrivando, appunto, a 304 milioni di euro: ad assorbire la quota maggiore sono proprio i 32 Irccs presenti in Italia, alla cui ricerca corrente è destinato il 61% delle risorse, mentre ammonta al 24% la quota destinata alla ricerca finalizzata (Irccs, Regioni e altri enti scientifici). Complessivamente, dunque, gli Irccs finiscono per ottenere l’80% delle risorse, anche se va segnalata la costante crescita dei fondi che – all’interno della categoria – sono assegnati agli Istituti di ricerca polispecialistici e in particolare agli oncologici, arrivati a concentrare dal 2001 il 30% dei fondi destinati agli Irccs. Un segnale, quest’ultimo, del diverso criterio di assegnazione adottato a livello centrale nella distribuzione delle risorse.
La valutazione. «Dal 1998 a oggi – spiega il direttore generale della Ricerca sanitaria e vigilanza sugli enti della Salute, Giovanni Zotta – si è progressivamente passati da un finanziamento della ricerca basato essenzialmente sui programmi e sul criterio storico a criteri che premiano gli istituti più meritevoli da un punto di vista oggettivo: un cambiamento che ha fortemente stimolato la produzione scientifica degli Istituti». Il nuovo sistema di valutazione si basa sull’adozione di 21 parametri che stimano il prodotto degli Istituti in termini di pubblicazioni scientifiche, brevetti, capacità di attrarre finanziamenti da soggetti pubblici e privati, qualità dell’assistenza prestata agli utenti del Ssn. Di rilievo il bilancio dell’attività dei 32 Irccs che hanno incrementato del 17% il numero delle pubblicazioni scientifiche prodotte e del 4% il valore dell’Impact Factor (determinato in base al numero di citazioni internazionali dei lavori comparsi su una determinata rivista). In particolare tra il 2000 e il 2001 le pubblicazioni sono cresciute del 7,5% (4.599 nel 2001) e l’Ifn del 4,7%: 12 nello stesso arco di tempo gli Irccs con almeno un brevetto. Sempre nel 2001 sono ammontati a 181 i percorsi diagnostico-terapeutici mirati sulle singole patologie messi a punto dagli Irccs, che hanno prodotto anche 208 linee guida e gestito 106 registri malattia. Significativo anche il contributo proveniente dagli assessorati alla Sanità delle diverse Regioni. Complessivamente hanno prodotto 98 iniziative di ricerca: Lazio (12 progetti), Emilia Romagna e Lombardia, (8 ciascuna) e Piemonte (7), le più prolifiche. Significativa anche l’incidenza del finanziamento privato (21% delle risorse) nonché il numero dei progetti sostenuti dall’Unione europea (140 nel 2001). Tra le iniziative destinate a far crescere il sistema della ricerca sanitaria pubblica del Paese figurano oggi in particolare le specifiche risorse destinate a incoraggiare la costituzione di reti di collaborazione intorno a concreti progetti di ricerca comune e all’ingresso o al rientro dei ricercatori dall’estero.
Gli obiettivi futuri. «Uno sforzo ulteriore dovrà essere compiuto quest’anno – conclude Zotta – nel tentativo di avvicinare ancora un po’ l’Italia agli obiettivi fissati nel vertice di Barcellona (marzo 2002) dal Consiglio europeo dei capi di Stato e di Governo: portare gli stanziamenti in ricerca, sviluppo e innovazione dell’Unione al 3% del Pil entro il 2010». Un traguardo ambizioso, visto che l’attuale spesa nazionale in ricerca è circa un terzo dell’obiettivo posto nel vertice, complici sia lo scarso investimento in ricerca dei privati, sia le modeste risorse stanziate per la ricerca pubblica. Che non a caso ha adottato una sorta di strategia di «cofinanziamento» scegliendo di premiare con fondi in più anche la capacità di reperire risorse da soggetti esterni al dicastero della Salute.