Mentre incombe una difficile verifica di maggioranza che potrebbe metterne a repentaglio la poltrona, il ministro della Salute dice la sua sulle azioni da intraprendere per rilanciare e valorizzare il ruolo del Servizio sanitario pubblico.In cinque cartelle e mezzo, inizialmente destinate agli assessori per il vertice di Napoli previsto (e poi “saltato”) per il 16 febbraio, e che ora invece ha distribuito alle alte gerarchie del ministero, Sirchia lancia insomma quello che considera il programma necessario e urgente per tenere a galla la barca del Ssn. Che possa essere la direzione di marcia della futura azione di Governo, o l’eredità da lasciare in dote, lo si capirà presto.
È una citazione da Socrate il cappello al documento del ministro: «C’è un solo bene: il sapere; e un solo male: l’ignoranza». E allora, sulla scorta della realtà con cui fare i conti (invecchiamento della popolazione, accesso alle tecnologie, sempre maggiore coscienza dei propri diritti da parte degli assistiti), ecco le proposte di Sirchia.
A cominciare da una rivoluzione organizzativa che metta in soffitta l’eccesso di ospedali «in ogni piccolo centro»: è tempo, piuttosto, di «massima concentrazione di tecnologia e di professionisti». Dunque, vanno trasformati i piccoli ospedali in «punti di primo soccorso», che accolgano «il paziente acuto o in emergenza» per poi trasferirlo in «ospedali di alta intensità». Perché «l’ideale organizzazione», afferma il ministro, è costituita da «Centri di riferimento regionali ad altissima intensità di cura» e da «Pronto soccorso distribuiti e frequenti astanterie, in luogo dei piccoli ospedali».
Il tutto, corredato da un’assistenza integrata col territorio nelle «Unità di assistenza primaria». E ancora da «Centri diurni di riabilitazione» e di «assistenza domicilio», ancora con i «servizi di vicinanza» o «servizi di quartiere», soprattutto per gli anziani soli e i malati di mente, tanto cari a Sirchia dai tempi dell’assessorato milanese.
Altrettanto decisivi, aggiunge il ministro, saranno poi gli aspetti della prevenzione e dell’impegno a tutto campo per diffondere il “verbo” della ricerca scientifica. Abbandonando l’avventura delle «pratiche alternative di non dimostrata efficacia», educando i giovani fin dalla scuola «all’amore per la ricerca» ma anche aggirando il «grave pericolo» dell’«ampia distorsione del concetto di farmaco» di chi non considera i medicinali un «motore poderoso del progresso». «Attenzione alle pratiche alternative costose e inefficaci, se non dannose», afferma Sirchia. Che insieme invita l’universo intero degli operatori sanitari a completare il «processo di civilizzazione» circa il rispetto da riservare ai malati e ai principi etici.