Dal Consiglio d’Europa arriva un protocollo che stabilisce rigidi paletti agli studi biomedici che si avvalgono di soggetti umani, siano essi malati o persone sane.Il nuovo protocollo ha l’obiettivo di proteggere le persone che partecipano alle ricerche, mettendo fine alla zona grigia normativa che spesso favorisce ricerche pericolose o effettuate attraverso pressioni indebite sui partecipanti. La ricerca, stabilisce il testo, non deve mai essere effettuata in maniera contraria alla dignità dell’essere umano, la sua preoccupazione principale deve essere la protezione delle persone coinvolte e a ogni persona va accordato il diritto di accettare o di rifiutare, senza che nessuno sia costretto a prendervi parte. Alle persone vulnerabili deve inoltre essere accordata una protezione particolare e le misure restrittive vanno applicate anche alla ricerca sui feti e a quella sugli embrioni in vitro e in vivo. Al fine di evitare casi di speculazioni o di malafede, ogni ricerca deve essere scientificamente giustificata e adeguatamente controllata nel quadro dei criteri scientifici, delle norme e degli obblighi professionali vigenti. Ogni progetto di ricerca su esseri umani deve inoltre essere valutato e approvato da un comitato etico indipendente che va messo al riparo “da ogni pressione di tipo finanziario”.
Sia i pazienti che i partecipanti sani che prendono parte a una ricerca devono essere perfettamente informati delle motivazioni, delle procedure e degli obiettivi dell’iniziativa. Tali informazioni devono riguardare anche gli scopi commerciali e le fonti di finanziamento delle ricerche e vanno fornite in un linguaggio facilmente comprensibile.
Il Consiglio d’Europa ha sancito anche il principio che nessuno può essere costretto a partecipare a una ricerca, estendendo le forme di costrizione anche alle pressioni economiche e finanziarie. In tal modo vengono definitivamente bollati come illeciti sia i comportamenti di società poco scrupolose, sia gli atteggiamenti paternalistici di medici e ricercatori che ritengono di potersi sostituire alla volontà dei pazienti con la giustificazione di agire per il loro bene. Il consenso – basato sulla disponibilità di tutte le informazioni e delucidazioni necessarie – deve essere “chiaro, libero, recente, specifico e dato per iscritto”. Nel caso di persone che non hanno la capacità di esprimere il proprio consenso – malati in coma o in stato prolungato di incoscienza, o neonati – le ricerche possono essere effettuate solo se i risultati “comportano un risultato chiaro e diretto per la salute”. Per poter avviare questo tipo di studi è indispensabile un’autorizzazione garantita ai termini di legge. Viene inoltre limitata la possibilità di effettuare ricerche in campo biomedico che comportino un minimo rischio, definito come “al massimo un impatto negativo molto debole e temporaneo sulla salute della persona interessata” e una protezione particolare è accordata alle donne incinte o in fase di allattamento e alle persone in situazione di urgenza clinica.
Il protocollo introduce infine condizioni specifiche anche per poter effettuare ricerche biomediche tra “coloro che sono privati della libertà, allo scopo di impedire le pratiche di utilizzare i detenuti come cavie umane per la ricerca medica e farmacologica. Dato che tali persone sono in una situazione “di dipendenza totale dall’esterno” e dunque più sensibili a eventuali pressioni, le ricerche possono essere effettuate solo e soltanto se i risultati possono comportare benefici “per le persone private della libertà”.