La sanità pubblica non esiste più, dopo anni di campagne strumentali, prima contro l’inefficienza e gli sprechi, poi per l’«aziendalizzazione» delle Asl e ora, ultima e logica tappa, per la privatizzazione dei servizi secondo una logica mercantilistica.La sanità pubblica non esiste più, dopo anni di campagne strumentali, prima contro l’inefficienza e gli sprechi, poi per l’«aziendalizzazione» delle Asl e ora, ultima e logica tappa, per la privatizzazione dei servizi secondo una logica mercantilistica. La salute pubblica cambia faccia: da diritto universale diventa una merce non solo qui in Italia, ma anche in altri paesi europei (in Grecia, Spagna e Portogallo, ad esempio); e, con molte più iniquità, nei paesi più poveri. Contro tutto questo, a Firenze nello scorso weekend si è riunito il primo Forum per la Difesa della salute, per testimoniare che le trasformazioni in corso in ambito sanitario sono globali, rispondono ad una logica privatistica e, alla fine, non garantiscono nemmeno efficienza e qualità di assistenza. Solo profitto. Diversi operatori sanitari, in rappresentanza di varie strutture e provenienti da sette regioni italiane (Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Liguria, Piemonte, Campania), hanno partecipato al Forum promosso da varie organizzazioni tra cui Medicina democratica, Cobas, Attac, Rifondazione comunista, Comitato inquilini Molise-Calvairate-Ponte. Gli intervenuti hanno tracciato un quadro negativo dei tentativi di privatizzare la salute dopo che per anni si è alimentato, anche a sinistra, il mito dell’aziendalizzazione che ha fatto sì che i manager privilegiassero l’equilibrio di bilancio di ogni singola Asl a scapito dell’assistenza. Calcoli economici che hanno portato a razionalizzare le prestazioni fino ad eliminarle, o a fornire solo le più renumerative; fino all’assurdo di pianificare i tempi di visita di un medico come quelli di una catena di montaggio. Oppure, servizi ospedalieri che usano sempre più contratti di precariato o di flessibilità: con la conseguenza che, in alcuni reparti, i carichi di lavoro per gli infermieri si prolungano oltre le 16 ore giornaliere. Il prossimo passo, hanno sottolineato molti interventi, sarà il passaggio dalle aziende pubbliche (a gestione comunque manageriale) a quelle private tramite la realizzazione di Fondazioni – per ogni ospedale, così come per gli istituti di ricerca (vedi il Policlinico di Milano) – che si trasformeranno in entità private ed autonome. Ormai è diventato senpre più comune appaltare determinati servizi a strutture del settore privato convenzionato, o del terzo settore no profit. Nel primo caso, come nell’esperienza della regione Lombardia, il fine è chiaro: ridurre al minimo la presenza dello stato, come pure i livelli di prestazione. Nel secondo caso, come nell’esperienza della regione Toscana e con qualche differenza in Emilia-Romagna, il terzo settore sostituisce lo stato senza dire chiaramente che lo vuole eliminare. Ma la conclusione a cui entrambe le esperienze arrivano è che, alla fine, la presenza pubblica diventa sussidiaria rispetto al privato. A maggior ragione quando, come ha annunciato il ministro Sirchia, verranno introdotte le cosidette «mutue private». Inoltre la devolution creerà sistemi sanitari regionalizzati molto differenziati; l’introduzione dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) toglierà molte prestazioni, e la scomparsa del Fondo sanitario nazionale taglierà molti soldi agli enti locali, che privatizzeranno diversi servizi. Infine, il progetto di mercificare il «bene salute» non è solo nazionale ma globale: in sede Wto, ad esempio, si sta discutendo la realizzazione dell’accordo Gats che dovrebbe appunto «liberalizzare» anche i servizi sanitari. Al Forum si è parlato ovviamente degli effetti, ma anche delle ipotesi di lavoro per la difesa della salute. Sugli effetti si è ancora detto che è stato smantellato qualsiasi intervento di prevenzione fuori e e dentro i luoghi di lavoro, mentre si è accentuata l’esclusione e la marginalizzazione nelle periferie delle grandi città che provocano più disagio tra i giovani, gli anziani e i malati psichiatrici che non possono usufruire di servizi di assistenza e di accoglienza. Rispetto al futuro, dal Forum è emersa la necessità di «continuare a lavorare localmente ma pensare globalmente». Cioè nelle singole realtà territoriali, tenendo presente il principio di preservare un sistema pubblico in questa fase di trasformazione, anche globale, dei servizi assistenziali. Il primo passo stabilito dal Forum è, per ora, la formazione di una rete di collegamento nazionale di tutte le esperienze in questo settore. La seconda scadenza è la partecipazione al Forum europeo della salute che si terrà a Parigi il 21-23 marzo.
Per informazioni: www.forumdifesasalute.too.it