Non sarà l’aspirina del 21° secolo, come qualcuno con un entusiasmo forse eccessivo la ha battezzata, ma certo la Cannabis possiede proprietà terapeutiche sempre più documentate scientificamente. Tanto che il numero di maggio della rivista Lancet Neurology dedica ben nove pagine di review a questo tema. David Baker, Alan Thompson e i loro collaboratori all’Università di Londra hanno passato in rassegna 78 studi biologici e medici sulle proprietà curative della Cannabis. La Cannabis sativa è una pianta originaria dell’Asia orientale, nota ai medici cinesi almeno dal III millennio a.C. In Occidente Pausania, storico del II secolo a.C., menziona la cannabis tra le varie piante coltivate a scopo tessile nel Peloponneso. Il medico Galeno intorno all’anno 175 esaltò le virtù terapeutiche di un preparato che si pensa fosse cannabis, suggerendo d’offrirla agli ospiti prima dei banchetti per rallegrarli. Dopo un periodo di scarse notizie, è in seguito alla spedizione di Napoleone in Egitto, che ne faceva uso fin dall’antichità, che si riaccese in Europa l’interesse per questa pianta. L’applicazione razionale della pianta è iniziata col 1900 e ha avuto un incremento esponenziale grazie alla scoperta del sistema di comunicazione recettoriale. La Cannabis lenisce gli spasmi muscolari e i crampi (la adoperava addirittura la regina Vittoria per contrastare i dolori mestruali della dismenorrea), ha proprietà anticonvulsive, antalgiche e anti-infiammatorie, fa passare emicrania e dolori, può essere di beneficio nell’ischemia, nell’epilessia e in traumi cerebrali. Può aumentare l’appetito nei pazienti debilitati dall’Aids. Studi specifici ne rilevano l’utilità nel trattamento della nausea da chemioterapia e nel glaucoma, poiché abbassa la pressione oculare. La biologia del sistema cannabinoide chiarisce che queste molecole sono in grado di rallentare la progressione di disordini neurovegetativi, funzionando da neuroprotettori. La neurodegenerazione è la maggior causa di sintomi in varie malattie, tra cui il Parkinson e l’Alzheimer. Al momento, l’applicazione per malattie neurodegenerative più promettente sembra la cura della sclerosi multipla. Benché l’olio di Cannabis contenga più di 60 composti attivi, tutti fanno capo agli stessi recettori, i CB (fin ora ne sono noti due). Quindi gli effetti delle singole molecole sono riconducibili alla capacità di attivare in modo più o meno efficace questi recettori. La maggior parte degli studi clinici su di un elevato numero di pazienti sono in fase di chiusura. Come principio attivo ci si è basati principalmente sul THC (noto farmacologicamente come Marinolo) per la sua maggiore disponibilità. Il farmaco è stato studiato per ridurre gli spasmi e il dolore nei malati di sclerosi multipla, nelle persone affette da cancro e nei pazienti in fase post-operatoria. I risultati di alcuni di questi studi dovrebbero essere disponibili tra pochi mesi. Oltre al principio naturale, che può essere sintetizzato in vitro, esistono dei cannabinoidi di sintesi modificati per renderli più efficaci. Non è facile ottenere un singolo farmaco sintetico in grado di riprodurre l’effetto dell’inalazione di marijuana o hashish, in quanto, come detto sopra, la Cannabis contiene più di 60 cannabinoidi e 200 e passa altri costituenti, tuttavia l’impiego di un singolo composto facilita il suo dosaggio riducendone gli effetti tossici. I trial clinici si sono basati su nabilone, dexanabinolo, dronabinolo, levonantradol, per via orale. I cannabinoidi presi per bocca però non sono abbastanza efficaci, in quanto vengono sequestrati dal grasso che li rilascia in modo inefficiente. Inoltre, passando dal fegato vengono parzialmente degradati. La via selettiva, non sorprende ovviamente, è quella inalatoria, tra l’altro l’elevata temperatura riesce ad attivare con più efficienza alcuni composti attivi. Ovviamente gli effetti collaterali del fumo sono pericolosi per la salute, e certo non può essere considerato un medicinale, pertanto si propongono dei vaporizzatori (tipo macchinette per aereosol) o spray orali. Uno dei problemi maggiori per chi vuole curarsi con queste terapie è che in molti paesi la vendita dei derivati della cannabis è proibita o molto difficile, e talvolta sono proprio banditi dalla farmacopea. Una via di uscita è quella di progettare degli inalatori “intelligenti” che limitino l’uso alle applicazioni cliniche e non, per usare un americanismo, “ricreazionali”. Non va dimenticato che possono verificarsi effetti indesiderati, che si cercano di controllare con la somministrazione simultanea di altri farmaci, tra cui le benzodiazepine. Ma all’orizzonte si affacciano anche farmaci alternativi, per esempio l’acido ajulenico (AJA), che non agisce direttamente attraverso i recettori CB e pertanto riesce a espletare una funzione analgesica e antiinfiammatoria scevra degli effetti psicotici. I meccanismi di azione di questa sostanza sono stati pubblicati nel corso del 2003 dalla rivista Nature Medicine e, recentissimamente, Jilin Liu e colleghi sul giornale Molecular Pharmacology, hanno dimostrato come l’AJA svolga la sua funzione antiinfiammatoria. Torniamo quindi all’iniziale paragone dei derivati della Cannabis, in particolare l’AJA, con una sorta di nuova aspirina! Naturalmente, la studio delle proprietà terapeutiche dei cannabinoidi e la conoscenza dei loro recettori hanno aperto la strada anche alla ricerca di sostanze antagoniste che svolgono quindi effetti opposti, (per esempio il Rimonabant). La più allettante in questo momento è la possibilità di cura dell’obesità: dato che i cannabinoidi attraverso i loro recettori stimolano l’appetito, la loro inibizione spegne questo stimolo e facilita una ridotta assunzione di cibo, particolarmente grassi e zuccheri. E’ chiaro che, grazie alle nuove scoperte su come il nostro sistema nervoso funziona, l’uso farmaceutico potenziale della cannabis, dei suoi derivati e dei suoi antagonisti diventa sempre più ampio, promettente e supportato da basi scientifiche sperimentali e cliniche. Ci sono ancora vari ostacoli da superare, tra di essi gli effetti collaterali e le estreme restrizioni legislative, ma il futuro sembra ricco di applicazioni.