La prevenzione di malattie sessualmente trasmesse (MST) è un tema che deve essere particolarmente caro a tutte le persone. La prevenzione attraverso le vaccinazioni, quando possibili, è un atto di intelligenza sociale. Di seguito l’esempio dell’epatite A e dell’epatite B.Avere rapporti sessuali protetti (“safe sex”) e/o avere comportamenti che implichino il ‘concetto di sicurezza’ in generale (ossia comportamenti cosiddetti “non a rischio”, cioè prendere tutte le misure necessarie affinché non ci sia trasmissione dell’HIV o di altri virus) è un modus vivendi da adottare.
Il concetto di “safety” dunque va visto in un’ottica assolutamente bilaterale: tutti i comportamenti atti prevenire le MST sono utili sia alla persona sia alla società.
Ora non vogliamo trattare i comportamenti pratici da aversi per la prevenzione di MST, come ad esempio l’uso del profilattico: questi suggerimenti sono elencati in numerose pubblicazioni di altrettante associazioni che compiono un lavoro serio e sistematico sul territorio.
Le associazioni dei pazienti ed i medici stessi svolgono counselling ad hoc: ci limitiamo a raccomandare sia ai medici sia ai pazienti la necessità di esplicitare questi argomenti (in sede di colloquio), in quanto ogni tipo di perplessità, curiosità o dubbio è bene che sia chiarito ed evaso, per la salute stessa della persona.
Esistono particolari accorgimenti consigliati dalle linee guida internazionali, ma che invece in Italia stentano a decollare, ossia la possibilità di vaccinarsi per alcune di queste malattie. La vaccinazione è la forma tecnologica per eccellenza della prevenzione. Prevenire la trasmissione di alcune malattie attraverso un percorso di vaccinazioni è un comportamento che evidenzia responsabilità civica, ma anche volontà di salvaguardarsi.
E’ evidente il beneficio che una persona può trarre dalle vaccinazioni: prevenire complicanze o infezioni è assolutamente vantaggioso. Ecco perché (cosa che accade in molti stati) la raccomandazione, in particolare alle persone sieropositive, di vaccinarsi dovrebbe essere quasi automatica.
In Italia questo dovrebbe accadere di più: la creazione di “percorsi” ad hoc dovrebbe essere un obbiettivo non solo delle associazioni dei pazienti, ma degli stessi infettivologi e del sistema sanitario nazionale stesso. Non si comprende come mai ci sia talvolta riluttanza da parte dei medici stessi ad esortare le persone ad intraprendere questi tipi di percorsi. Le motivazioni addotte sono spesso non chiare: tutti concordano sulla positività del provvedimento, ma nessuno opera sistematicamente in questo senso ed il costo sociale è estremamente elevato.
In particolare esiste la possibilità di prevenire due malattie per la popolazione: l’epatite A e l’epatite B. Queste due patologie, derivanti dai virus A e B (HAV e HBV), sono potenzialmente pericolose e fatali, nonché a trasmissione sessuale. L’analisi “a tavolino” che spesso si compie, rispetto al fatto che queste malattie possano riguardare o meno l’individuo singolo visto i suoi comportamenti e stili di vita, è inutile e sterile: dal momento in cui esiste un percorso vaccinale semplice e sicuro, ora anche unificato per le due epatiti, non dovrebbe esserci nemmeno il sollevamento della questione. Queste vaccinazioni sono ancor più raccomandate per soggetti HIV+ e/o coinfetti HIV/HCV, ossia con anche l’epatite C. Purtroppo non si è ancora riusciti a sviluppare un vaccino per questo ultimo virus (HCV), come anche per quello dell’immunodeficienza umana.
Il percorso vaccinale per la prevenzione dell’epatite A è di due iniezioni a distanza di 6 mesi, comportando una conseguente immunizzazione per 10 anni. Per l’epatite B è invece di tre iniezioni in 6 mesi, sempre con conseguente immunizzazione teorica di 10 anni. Esiste un vaccino che combina i due percorsi: tre immunizzazioni in 6 mesi sono sufficienti per la prevenzione delle due epatiti. Sono scarsissimi i soggetti che “non rispondono” alle vaccinazioni. Prima di intraprendere un percorso vaccinale, il controllo dei parametri (markers) immunologici viene eseguito tramite esami del sangue specifici.
La scelta di intraprendere un percorso vaccinale di qualunque tipo (esistono vaccini per tante malattie, per esempio anche per la classica influenza) va sempre discusso in sede di colloquio medico-paziente, in riferimento anche alla situazione specifica immunitaria della persona singola.
Prevenire una malattia (specialmente se trasmissibile) con tutte le armi che sono a disposizione, siano esse meccaniche (profilattico) o tecnologiche (vaccini), è uno slogan che, se fatto proprio, è di enorme utilità all’individuo singolo e alla società stessa.
FONTE:adattamento da “HIV, MANUALE PER UNA GESTIONE A LUNGO TERMINE”