13-18 Agosto 2006 – Dai nostri inviati a Toronto, Marcotullio, Osorio, Schloesser. Riportiamo un’ anticipazione di quanto sarà pubblicato su Delta n.30, in distribuzione i primi di settembre. INTERRUZIONI STRUTTURATE DI TERAPIA. NOVITA’ DALL’ITALIA. Ottima la presentazione del Dr. Franco Maggiolo di Bergamo, che con lo studio BASTA contribuisce a chiarire le difficoltà ed i vantaggi dell’interruzione di terapia. Interessante lo studio BASTA che paragona la HAART permanente con una strategia di interruzione CD4 guidata. End-point primari: immunologici, virologici e clinici. I 114 pazienti arruolati hanno avuto l’interruzione di terapia con CD4 >800 e riprendevano la terapia quando scendevano a 400. Durante lo studio tutti i pazienti hanno avuto una buona risposta virologica al momento della reintroduzione della HAART e la viremia è riscesa al di sotto delle 400 copie. Il nadir di CD4 (350 cellule) nel primo ciclo STI è stato associato alla lunghezza del periodo d’interruzione di terapia. Lo studio conclude che una terapia CD4 guidata è efficace almeno quanto la HAART continua, dal punto di vista immunologico, virologico e clinico e non implica rischi se i pazienti sono monitorati in modo appropriato. Il nadir di CD4 <350 è il principale elemento predittivo della diminuzione di CD4 e della possibilità, o meno, di sospendere la terapia. Pertanto lo studio conferma che questo elemento è fondamentale quando si disegna un programma di interruzione confermando anche i rischi collegati ad un inizio tardivo della HAART.
Riportiamo un’intervista concessa dal Dr. Maggiolo all’ANSA: “Per la prima volta in assoluto si dimostra che interrompere la terapia è meno pericoloso in termini di eventi clinici”, ha detto Maggiolo. “C’é stata cioé una riduzione statisticamente significativa di morti, tumori, casi di infarto del miocardio, epilessia e polmoniti”. Dei 76 pazienti che per cinque anni hanno sperimentato la sospensione della terapia, un piccolo gruppo è senza farmaci da quattro anni e gli altri, in media, da più di tre anni. Oltre alle ricadute positive sulla salute e la qualità di vita dei pazienti, la sospensione (sia per brevi che per lunghi periodi) si è tradotta in un risparmio del 50% sui costi della terapia: da 20 euro al giorno (tra farmaci, esami, eventi avversi, visite e ricoveri) a 10 euro al giorno. Soltanto sui 76 pazienti trattati, si è calcolato in quattro anni un risparmio di 2 milioni di euro.
Tuttavia, continua Maggiolo:”Nei pazienti che possono affrontare la sospensione, periodi di terapia e sospensione vanno calibrati su misura, caso per caso, considerando un ampio insieme di fattori e rispettando certe condizioni.”.
Integrazione di Nadir: Per gli addetti ai lavori questo commento ispira e conferma una criticità implicita al disegno, al monitoraggio e alle analisi del famoso studio SMART, che in Febbraio di quest’anno (CROI) ha lasciato tutti perplessi in merito alle sue conclusioni proprio in termini di eventi clinici (lo studio è stato per questo interrotto). A questo congresso sono stati presentati anche sottostudi e tentativi di spiegazione delle ragioni per cui interrompere la terapia sarebbe stato pericoloso nello SMART, tuttavia nulla di significativo è emerso. Sembra dunque che l’approccio “a misura di paziente”, valutando le specificità del singolo individuo caso per caso, proposto in questa sede da Maggiolo, richiamato e ripreso in altre sedi da Cristina Mussini (Modena), sia la chiave della “sospensione strutturata di terapia”. Confidiamo che presto i nostri bravi ricercatori italiani possano confermare quanto fin’ora emerso attraverso altri studi clinici più ampi.