Yi Zeng guida l’Associazione per la prevenzione delle malattie infettive in Cina. E’ a Roma, all’Istituto superiore di sanità, per due giornate sanitarie di studio italo-cinesi. Un programma di scambio messo a punto mesi e mesi fa quando l’allarme polmonite atipica non era scoppiato. Aids, cellule staminali, leucemie, agopuntura contro la cefalea e i disturbi del climaterio: questi i titoli delle relazioni in calendario. Ufficialmente, nessun accenno al virus misterioso che ha avuto, come focolaio iniziale, proprio quel paese. La zona di Guangdong che, secondo il ministro della Sanità Zhang Wenkang, è «sotto effettivo controllo».
Professore, lei è appena arrivato dalla Cina, quali effetti sta producendo l’epidemia?
«Siamo preoccupati, è vero. Ma ancora, di quel virus, non sappiamo abbastanza. Certo è che si sono infettate persone che hanno avuto rapporti molto stretti con i malati»
Si è fatto un’idea del virus?
«Ho dei dubbi sul coronavirus, è molto diffuso e non ha mai causato quadri clinici così gravi».
Lavorate insieme ai colleghi di Hong Kong?
«A Pechino abbiamo avuto pochi malati. Noi siamo un’università, loro un’altra, non lavoriamo insieme».
L’allarme in Cina è stato dato subito?
«Si contano molti casi perché la gente è arrivata tardi alla diagnosi. Ora diciamo di rivolgersi subito al medico, quei pazienti hanno bisogno di sostegno respiratorio e reintegrazione dei liquidi».
Quali indicazioni date per la prevenzione?
«Mascherina soprattutto se si è in luoghi affollati».
Quali altri virus colpiscono il vostro paese in modo preoccupante?
«Quello dell’Hiv. Abbiamo oltre un milione di sieropositivi e 200 mila malati di Aids. La maggior parte sono drogati e vivono lontani dalle grandi città».